Covid, “più morti in Italia? Ecco perché non è come sembra”

 In questa estate all’insegna dell’ondata di Omicron 5, a colpire l’attenzione sono inevitabilmente i bollettini dei morti Covid. Ma, andando al di là dei numeri quotidiani e decontestualizzati, com’è andata l’Italia rispetto agli altri Paesi? “All’interno dei 5 maggiori Paesi dell’Europa occidentale non ci sono grosse differenze”, spiega all’Adnkronos Salute l’epidemiologo Carlo La Vecchia, docente dell’università Statale di Milano. “L’Italia non è un Paese che si distingue per essere andato peggio di altri”.

L’esperto guarda i dati di Regno Unito, Italia, Francia, Spagna e Germania: “Il Regno Unito in fase Omicron ha registrato circa 6.500 morti con un picco di circa 1.350 a settimana, quattro settimane fa, al 20 luglio. L’Italia è arrivata un po’ dopo e finora ha registrato 5.600 morti e il picco è stato 3 settimane fa, pari a circa 1.200 – quindi sui 170 morti registrati al giorno – attorno a inizio agosto. La Francia ha registrato circa 3.500 morti finora e il picco è arrivato 4 settimane fa, pari a 750 a settimana. La Spagna ha registrato intorno a 4.200 morti e il picco era due settimane fa, verso il 10 agosto, pari a circa 700. La Germania ha registrato intorno ai 4mila morti e il picco 2 settimane fa è stato di 800 morti a settimana. Se guardiamo l’insieme dell’ondata Omicron, i 6.500 morti Uk equivalgono a quelli italiani considerando che il Regno Unito ha il 10% in più di popolazione rispetto al nostro Paese. E allo stesso modo i dati sono comparabili con quelli della Spagna che ha circa il 15% di popolazione in meno rispetto all’Italia. Sono andati meglio in Germania, Paese che sempre ha avuto un impatto minore sul fronte dei decessi Covid rispetto a noi. Ed è andata meglio in Francia con Omicron”.

“Omicron 5 e Omicron 2 non sono stati enormemente diversi”, prosegue l’esperto che analizza ogni possibile fonte che può incidere nei bilanci delle vittime di ciascun Paese. Per esempio quanto può pesare il modo in cui si conteggiano? “Le regole di registrazione dei decessi sono state standardizzate, sono uguali per tutti. Ma – precisa – non sono osservate allo stesso modo da tutti i medici. Se nelle tante concause che ci sono in ogni certificato di morte c’è Covid, questa viene recuperata come una morte Covid, a meno a che il medico non specifichi che quella persona è morta per esempio per incidente stradale, nonostante avesse il Covid. E questa attenzione a registrare la causa principale varia da Paese a Paese. Questo può spiegare un 10-20% di differenza”.

L’uso degli antivirali orali può avere un impatto? “Senza dubbio Paxlovid non è stato molto usato in Italia, ma credo che in questa situazione di Omicron 5 non ci fosse neanche ragione per usarlo molto di più – ragiona La Vecchia – Buona parte di chi fa Omicron, a meno a che non sia estremamente fragile, dopo 5 giorni migliora, anche gli anziani. Io non vedo maggior problema in questo. E non penso che oggi in Italia ci siano delle carenze terapeutiche. Credo che l’impatto di Paxlovid, se c’è, è molto piccolo sulla mortalità nazionale. Forse qualche morte risparmiata – sui 5.600 decessi registrati, che poi saranno stati intorno a 4mila per Covid – l’avremmo ottenuta più nel fare i booster prima. Sapevamo già da aprile che il secondo booster ha un effetto di breve termine ma riduce ospedalizzazione e mortalità attorno al 70% negli over 70. In Italia la campagna è stata aperta però inizialmente solo agli over 80 e quando a metà luglio è stata allargata agli over 60 le persone erano poco convinte. Alcuni si erano già ammalati e molti avevano visto amici e parenti guarire in pochi giorni e non correvano a vaccinarsi”.

Per l’epidemiologo, “se si fosse aperto a metà maggio forse i 60enni si sarebbero vaccinati con più convinzione. Va considerato che dal momento del vaccino all’inizio dell’efficacia” della protezione “passano due settimane e vaccinare a fine luglio, con efficacia a metà agosto, quando ormai l’ondata è finita, serve relativamente a poco. Non è che la gente sia del tutto irresponsabile”.

C’è poi un altro parametro che va guardato: è l’eccesso di mortalità. “Io non vedo questo eccesso di mortalità in Italia rispetto ad altri Paesi. Oggi i morti Covid sono meno di 100 al giorno. Ma va guardato anche l’eccesso di mortalità totale. Fino a marzo, noi abbiamo visto che non c’era un eccesso di mortalità totale. E quindi i morti attribuiti a Covid a febbraio-marzo non corrispondevano a un eccesso di mortalità totale. Questo non vuol dire che – spiega La Vecchia – non ci siano anziani fragili che muoiono a causa del Covid. Ora l’ondata di Omicron 5 sta livellandosi e senza dubbio sulla carta ha causato qualche migliaio di morti, ma lo ha fatto in tutti i Paesi. In definitiva, che l’Italia abbia più morti Covid è un problema che va verificato anche con gli ultimi dati sull’eccesso di mortalità e non è detto che sia vero. A parte i primi mesi” della pandemia “un grosso eccesso non c’è rispetto agli altri Paesi analoghi. Se abbiamo visto più morti nei scorsi giorni, questi riflettevano il picco di Omicron”, che si è verificato in momenti diversi in ciascun Paese.

“Se invece consideriamo il tasso di letalità – conclude l’esperto – ossia il numero di decessi sui contagi registrati, in Italia può essere leggermente più alto perché le più strette regole di quarantena hanno fatto sì che una maggior proporzione di contagi sfuggisse alla registrazione”.

(Adnkronos)