Food: ‘il Marchese’ cita Sordi nobiluomo e carbonaro nell’arredo e nel menu

“La buona notizia è che i turisti cominciano a tornare: ancora in gran parte europei e non americani ma è grazie a loro che questo weekend, che a Roma con la festività di San Pietro e Paolo si annunciava poco vivace, è stato comunque movimentato per il nostro locale”. Parola di Davide Solari, proprietario e patron, insieme a Lorenzo Renzi, del ristorante bistrot ‘Il Marchese’ che, nel pieno centro della capitale, alle spalle dell’Ara Pacis, funge da termometro delle tendenze degli arrivi e partenze nella città eterna.  

I due soci hanno lanciato un concept, quello del ‘Marchese’ in bilico fra ristorante, bistrot e ‘amaro-bar’ (con oltre 600 etichette del liquore che funge da base per molti cocktail e che un tempo accompagnava e non seguiva il pasto), che, pandemia a parte, ha incontrato il gusto dei romani segnando da due anni a questa parte una crescita costante. 

Le difficoltà causate agli imprenditori della ristorazione dalla pandemia non hanno smorzato l’entusiasmo dei proprietari che puntano a esportare il concept del ‘Marchese’ e guardano, apprende l’Adnkronos, a Milano come prossima tappa per l’apertura di un locale che replichi perfettamente arredamento e menu. Ma intanto Roma è sempre caput mundi: ‘Il Marchese’ le rende omaggio con la sua doppia vocazione, nobiliare e popolana, come il film cui si ispira, ‘Il marchese del Grillo’ con Alberto Sordi. Una parte del locale evoca il piano nobile del palazzo di primo ‘800 che ospita gli interni del film, ricca di lampadari a goccia e di mobili in stile mentre l’altra, più sobria, è improntata all’osteria romana di un tempo e dedicata all’alter ego del protagonista del film, il carbonaro Gasperino.  

‘Il Marchese’ risulta così quasi un luogo senza tempo, romano ma cosmopolita e che della romanità conserva la propensione all’ironia e resta amante delle ricette di tradizione: dal baccalà fritto al vitello tonnato e alla pinsa servita a mo’ di aperitivo. Posto alla fine di via Ripetta, ci si arriva passeggiando lungo il Tevere fino all’Altare della Pace di Augusto. Al racconto culinario al tramonto si unisce il racconto della ‘mixology’, con cocktail serviti con tante piccole fascinazioni e novità unite ai grandi classici dal Margarita allo Spritz. 

Il ‘genius loci’ culinario si chiama Daniele Roppo e ci tiene a farsi chiamare cuoco, non si sente uno chef di ispirazione francese, ma un uomo che orgogliosamente si sporca le mani cucinando come le nonne. Ad esempio, racconta, “la pinsa romana è nata da una ricetta originale: la pasta è fatta da un blend di farine zero, di riso e di soia, con aggiunta di acqua e sale. Per farla usiamo la biga preparata il giorno prima, una pasta acida per dare uno spunto più immediato, oltre a un lievito di birra essiccato, con un impasto che richiede 24 ore”.  

E per l’estate, spiega, “abbiamo studiato delle proposte rapide, veloci, che non richiedessero troppe preparazioni lunghe. Come l’antipasto Pomodoro verde fritto, bufala e maionese al basilico (ispirato al film ‘Pomodori verdi fritti alla fermata del treno’), piatto che facevo anni fa e che ho recuperato in una versione diversa”. E poi le polpette al sugo, di romana memoria, pensate in versione light, e il filetto preparato ‘come un salto in bocca’ anche questo un grande classico della cucina romana. 

(Adnkronos)