Guerra Ucraina, Ue inizia a staccarsi da gas Russia: arriva Gnl Usa

 Guerra Ucraina, l’Unione europea inizia a staccarsi dal gas della Russia. Venerdì 21 marzo del 2014: in piena crisi per l’annessione della Crimea, iniziata un mese prima, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy – ricordano alcuni dotati di buona memoria – ammonisce che la dipendenza energetica dell’Ue dalla Russia deve essere drasticamente ridotta. “Se non agiamo ora, nel 2035 dipenderemo per l’80% dalle esportazioni straniere di petrolio e di gas”, dice.

Da allora la dipendenza dell’Unione dal gas di Mosca, anziché calare, è aumentata: se nel 2014 le importazioni dalla Russia di gas naturale costituivano circa un quarto del totale del gas consumato nell’Ue (fonte Ispi), oggi pesano per il 40%, (Iea, dato 2021). Solo oggi l’Ue, con otto anni di ritardo e solo sotto la pressione dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, si appresta, con fatica, a staccarsi dal gas del Cremlino. Il presidente americano Joe Biden, e la guerra in Ucraina, hanno ottenuto quello che Donald Trump aveva chiesto con forza a Bruxelles, invano: l’inizio del ‘decoupling’ energetico dell’Unione Europea dalla Russia, anche grazie al gas naturale liquefatto a stelle e strisce. L’invasione dell’Ucraina, spiega un alto funzionario Ue, non mette in discussione solo “l’architettura di sicurezza europea”, ma anche “l’intera politica energetica dell’ultimo decennio”, che mette l’Ue oggi nella posizione di subire gravi danni economici, se le forniture di gas russo dovessero saltare.

L’intesa, annunciata da Biden e dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen nell’ambasciata Usa di Bruxelles, è stata comunicata nella notte dalla Commissione, ma i dettagli sono stati diffusi dalla Casa Bianca con almeno venti minuti di anticipo rispetto alla comunicato del Berlaymont. E sono dettagli non trascurabili, cioè i numeri: per il 2022 gli Usa si impegnano a fornire all’Ue 15 miliardi di metri cubi aggiuntivi di gas naturale liquefatto (Gnl), rispetto ai 22 mld di metri cubi consegnati nel 2021. Quindi, circa 37 miliardi di metri cubi per il 2022.

Gli Usa, spiega l’alto funzionario, sono storicamente reticenti ad esportare gas, per il timore che i prezzi salgano sul mercato interno, ma aumenteranno la produzione. Per questo, l’accordo politico siglato oggi fornisce una cornice indispensabile per la stesura dei contratti, che saranno tra privati, ma che l’intesa favorisce: in sostanza, gli Usa si impegnano a fornire all’Ue un certo quantitativo di gas naturale liquefatto e, in cambio, l’Ue si impegna ad assicurare una domanda costante.

Quindi, addio ai contratti a breve termine che, se hanno fatto risparmiare soldi negli anni passati, ora tornano indietro come un micidiale boomerang contro l’Ue: a Bruxelles “osservo un certo cambio di mentalità sulla longevità dei contratti”, nota un alto funzionario Ue. L’obiettivo “ben prima del 2030”, ha detto il presidente Biden, è fornire all’Ue 50 miliardi di metri cubi l’anno di gas naturale liquefatto aggiuntivi ai 22 mld circa del 2021 (a quanto hanno chiarito alti funzionari Ue).

La quantità aggiuntiva di Gnl che gli Usa si impegnano a fornire a medio termine (per aumentare la produzione occorre un po’ di tempo) è pari a circa “un terzo”, nota un’alta funzionaria Ue, dell’attuale import totale di gas dalla Russia, che oggi ammonta a circa 157 miliardi di metri cubi l’anno. Occorrerà anche costruire nuovi rigassificatori in Europa: non potendo essere trasportato via tubo attraverso l’Atlantico, il gas deve essere ridotto allo stato liquido, trasportato sulle grandi navi metaniere, rigassificato all’arrivo e trasportato via gasdotto.

Sono strutture che richiedono investimenti cospicui, ma hanno il vantaggio di poter essere usate in futuro anche per l’idrogeno, uno degli obiettivi a lungo termine della transizione verde. Il tutto avrà dei costi per l’Europa ma, con una potenza revisionista a est, direttamente confinante con Paesi Nato, il costo potenziale futuro dell’appeasement inizia ad essere chiaro: il premier polacco Mateusz Morawiecki ha detto che Putin sta ricostruendo “l’Impero del Male”. Al di là dell’immagine forte, polacchi e baltici sono i più strenui sostenitori dell’Ucraina perché sanno che, se la Russia dovesse vincere la guerra, allora potrebbe puntare a rivedere anche altri confini verso occidente.

“So che eliminare il gas russo – ha detto Biden – comporterà dei costi per l’Europa, ma non è solo la cosa giusta da fare sotto il profilo morale: ci mette anche in una posizione strategica molto più forte”. Quanto al prezzo che avrà il Gnl americano, l’accordo non lo fissa, perché sarà materia della contrattualistica, ma contiene “un chiaro riferimento” al prezzo spot del gas naturale Usa, assai più stabile del benchmark europeo, il Dutch Ttf Gas, sottoposto a fluttuazioni selvagge per via della guerra in Ucraina. E la volatilità “continuerà”, prevede la fonte Ue. In ogni caso, l’Ue, per ‘staccarsi’ il prima possibile dal gas russo, punterà anche su altri fornitori, come il Qatar.

Ma nessuno si illude che tutto questo basti a compensare il gas russo. E quindi, osserva l’alto funzionario, “bisognerà intervenire anche sul lato della domanda”, un aspetto fin qui trascurato, ma sul quale si verserà molto inchiostro “nei prossimi mesi”, prevede. E cita l’esempio del Giappone, grande Paese manifatturiero, che dopo il disastro di Fukushima è riuscito a ridurre il consumo “del 30%”, introducendo misure “severe” di risparmio energetico. “Si può fare molto per ridurre la domanda”, sottolinea. Se gli europei siano dotati della medesima disciplina e dello stesso spirito di sacrificio dei giapponesi, resta da vedere. Per dirla con la premier estone Kaja Kallas, “ci aspettano tempi difficili”.

(Adnkronos)