Variante Xe, Clementi: “Mix Omicron-Delta mi farebbe più paura”

 La variante Xe di Sars-CoV-2? “E’ prematuro esprimere un giudizio” sul nuovo mutante rilevato nel Regno Unito. I sintomi sono diversi? L’incubazione e la durata? “Per ora si sa solo che sembra essere un ricombinante di Omicron 1 e 2”, dei ceppi BA.1 e BA.2. “E’ normale che ci sia. Per l’influenza di tipo A sono fenomeni che avvengono in continuazione, e quindi anche per Sars-CoV-2 possono verificarsi. Mi sarei preoccupato di più se questi ricombinanti ci fossero stati non tra due Omicron, ma per esempio tra Omicron e Delta o tra Omicron e qualche altra variante precedente che magari dava maggiore vitalità a una variante patogena che aveva già circolato. Però non è questo il caso”. E’ la prima analisi di Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, sentito dall’Adnkronos Salute.

L’esperto da sempre, sul tema delle nuove varianti Covid che finiscono sotto i riflettori, invita a non avere fretta ma ad aspettare che il quadro si definisca con l’eventuale aumentare dei casi censiti. Non bisogna allarmarsi in partenza, ripete il virologo. Prima di tutto perché “il fatto che queste varianti siano possibili è nella natura di Sars-CoV-2 e non ci deve sorprendere”. Queste “possono avere una maggiore o minore fortuna, a seconda del vantaggio che conferiscono”.

L’evoluzione del virus – spiega Clementi – “comporta non solo che ci sia la formazione di una nuova variante ma che la variante sia selezionata, cioè che ci siano degli elementi che la fanno diventare prevalente. Se questa selezione non c’è, vuol dire che non è una variante di successo e quindi è mancato quel meccanismo di selezione naturale che poi la porta a prevalere sulle altre”.

In precedenza, continua Clementi, “le varianti che hanno avuto questo ruolo” dominante “sono state tutte varianti che si trasmettevano meglio, che replicavano di più, che avevano un qualche vantaggio. Quindi il meccanismo di selezione è imprescindibile per considerare una variante” e l’impatto che potrebbe avere. “Adesso mi pare presto per fare queste valutazioni sulla Xe, che è stata identificata in qualche centinaio di casi in Gb, Paese che ha un meccanismo molto efficiente di controllo. Anche stimare già un 10% di trasmissibilità in più rispetto a Omicron 2 mi sembra davvero prematuro con questi numeri. Non sembra che ci siano ancora gli elementi per essere certi su che variante sarà. Poi magari sarà quella che prevarrà in futuro, non dico di no. Vedremo. In ogni caso non credo ci cambierà la vita – conclude – considerate le caratteristiche che sembra avere e il fatto che sembra restare nell’alveo della famiglia Omicron”.

 

(Adnkronos)