Retinopatia diabetica, 7% dei diabetici va incontro a cecità

“Dei quasi 4 milioni di italiani con diabete, circa 1,2 milioni – pari al 30% convive con la retinopatia diabetica. Di questi, un 6-7% a causa della malattia perde la capacità visiva. Fondamentali prevenzioni e controlli periodici perché il paziente diabetico ha una vista perfetta, ma da un giorno all’altro improvvisamente non vede più perché la retinopatia nel frattempo è andata avanti, lentamente. Tuttavia, rispetto a 10 anni fa, se interveniamo in tempo possiamo prevenire la perdita visiva, ma dobbiamo intercettare la patologia prima che si manifestino i sintomi, altrimenti possiamo fermare la malattia ma quello che abbiamo perduto è impossibile recuperarlo”. Lo spiega Edoardo Midena, segretario generale della Società italiana della retina, in occasione del Congresso nazionale Sir che si è svolto a Venezia dal 1 al 2 luglio. Obiettivo della due giorni: fare il punto su screening, fattori di rischio, diagnosi differenziali, tecniche chirurgiche e nuovi farmaci per le patologie che colpiscono la retina.  

A differenza della degenerazione maculare, altra patologia della retina che colpisce chiunque dai 65 anni in su, i soggetti più a rischio di retinopatia diabetica sono appunto le persone con diabete e ipertensione arteriosa. “Sono i veri candidati, dal punto di vista statistico, ad avere anche il coinvolgimento oculare – afferma Midena – Fondamentali le nuove tecniche di screening, che consistono di fatto nel fotografare la retina (il fondo dell’occhio) e che ci consentono di vedere se c’è una retinopatia, ome dobbiamo trattarla e quando sottoporre il paziente ad un nuovo controllo. Purtroppo, con la pandemia gli screening non si sono più fatti. I soggetti diabetici non sono più andati dal medico, ci si è avvicinati molto poco alle strutture ospedaliere, i medici di medicina generale erano talmente oberati dai problemi legati al Covid che non avevano il tempo di occuparsi anche di questi pazienti. In molti si sono curati e monitorati da soli. Questo ultimo anno e mezzo è stato un periodo buio, dal punto di vista clinico le malattie degli occhi non sono state considerate importanti”.  

Non tutti i pazienti con retinopatia diabetica rischiano di non vedere più, “tuttavia un 6-7% di loro – sottolinea Midena, che è anche direttore della Scuola di specializzazione in Oftalmologia dell’Università degli Studi di Padova – ha una perdita visiva invalidante, fino alla cecità. Fortunatamente, grazie ai nuovi farmaci intravitreali possiamo gestire meglio e tenere sotto controllo la malattia, senza troppe limitazioni per i nostri pazienti”.  

Dieci anni fa, “quando abbiamo cominciato ad usarli – ricorda il segretario generale della Sir – dovevamo somministrarli nell’occhio con un’iniezione al mese. E siccome nella maggior parte dei casi la retinopatia diabetica è bilaterale, il paziente era costretto a sottoporsi a questo trattamento ogni 15 giorni. Oggi non è più così: questi farmaci possono essere iniettati anche una volta al mese per i primi 3-5 mesi, poi una volta ogni 2-3 mesi. Si stanno allungando i tempi, per il paziente è una terapia più facile da seguire, oltre che efficace e sicura. In alcuni casi si possono usare addirittura farmaci con tempi di iniezione ogni 4 mesi”.  

L’ultimo Congresso Sir, appena concluso, è stato l’occasione per parlare delle più importanti novità in campo diagnostico e terapeutico. “Tra queste – ricorda Midena – sicuramente c’è l’evoluzione della tecnologia Oct (tomografia ottica a luce coerente), un esame diagnostico non invasivo che ci permette di ottenere delle scansioni accuratissime della retina. Inoltre, per i pazienti diabetici con retinopatia viene eseguito un ulteriore esame, l’angiografia retinica con fluoresceina (o fluorangiografia). In questo caso si inietta un colorante nel braccio, si fanno delle fotografie, si studia la retina. Grazie all’evoluzione dell’Oct (Oct angiografia) possiamo vedere le stesse cose senza bisogno di iniettare nessun colorante, ed è una metodica assolutamente non invasiva. Non a caso, molti giovani ricercatori e associati della Sir hanno presentato diversi studi dedicati proprio all’applicazione di questa innovativa tecnica”.  

Per Midena il diabetologo o il medico di medicina generale deve fare “molta attenzione e indirizzare il paziente da uno specialista, in questi caso l’oculista – avverte – perché un soggetto diabetico che ha una retinopatia è come se avesse avuto un infarto, è un soggetto altamente vasculopatico. Se il paziente diabetico ha avuto un infarto, per lui avere una retinopatia diabetica equivale ad aver avuto un secondo infarto perché la presenza del danno alla retina è il segnale di una malattia dei piccoli vasi di tutto l’organismo, non solo degli occhi, quindi cervello, (ischemie cerebrali), infarto del miocardio, malattie renali, neuropatie degli arti. Per questi motivi è importante la visita degli occhi, oltre che per non perdere la vista”.  

(Adnkronos)