Visioni opposte, anzi totalmente opposte, nella famiglia Borsellino sulla sentenza d’appello della trattativa tra Stato e mafia. Da un lato c’è Salvatore, il fratello del giudice ucciso nella strage di via D’Amelio, che dopo il verdetto che ha ribaltato totalmente la sentenza di condanna di primo grado, dice visibilmente arrabbiato: “Paolo è morto invano” e che “sull’altare di quella trattativa è stata sacrificata la vita di Paolo”. Di parere diametralmente opposto la figlia minore del giudice, Fiammetta Borsellino, che in una intervista all’Adnkronos dice a gran voce: “Ad accelerare la morte di mio padre non è stata affatto la trattativa ma il dossier su mafia e appalti” e che non risparmia le critiche ai pm di primo grado, tra cui Nino Di Matteo, oggi al Csm, che a suo parere sono stati “scorretti” perché avrebbero “pompato mediaticamente un processo” prima “ancora che questo processo avesse concluso le fasi di giudizio, un comportamento scorretto che mio padre non avrebbe mai approvato”. Insomma, pareri diametralmente opposti sul processo trattativa che ieri ha visto capovolgersi la sentenza di primo grado. “I miei dubbi su questa operazione li avevo espressi fin dall’inizio – ha raccontato all’Adnkronos Fiammetta Borsellino dopo la sentenza d’appello – La grande amarezza è che queste energie investigative dedicate al processo trattativa potevano essere indirizzate verso delle piste che, secondo me, volutamente non si sono percorse”.
Ma il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, ha una visione diametralmente opposta: “Sono molto amareggiato – ha detto intervistato dall’Adnkronos – Bagarella e Cinà non possono aver fatto la trattativa da soli. Con le altre assoluzioni si afferma che il fatto che lo Stato tratti con l’anti-Stato non è reato e questo vuol dire che mio fratello è stato sacrificato per nulla. Si ammette che sull’altare di una trattativa, che io continuo a definire scellerata, è stata sacrificata la vita di un servitore dello Stato come Paolo Borsellino, che è stato ucciso perché si è opposto a questa trattativa. Questa sentenza vuol dire che in Italia non c’è giustizia”.
Ma Fiammetta non la pensa allo stesso modo. Anzi. “Si sono seguite piste inesistenti quando da sempre abbiamo ribadito che bisognava approfondire quel clima che mio padre viveva dentro la Procura di Palermo”, accusa la figlia del magistrato. Che rincara la dose: “Si doveva approfondire il filone dei dubbi e del senso di tradimento che mio padre manifestò parlando a mia madre dei colleghi, il perché non si è voluto indagare sul Procuratore Giammanco. Secondo noi queste erano le piste su cui si doveva indagare, non altre…”. E sulla morte del padre e sulla ipotesi che la trattativa Stato-mafia avrebbe accelerato la sua fine, dice: “Per noi l’accelerazione è stata data dal dossier mafia e appalti ma non lo dice la mia famiglia – dice ancora Fiammetta – lo dice il processo Borsellino ter, che l’elemento acceleratore è stato il dossier mafia e appalti che è stato archiviato il 15 luglio, cioè pochi giorni prima della strage. Nonostante mio padre il 14 luglio avesse chiesto conto e ragione del perché a quel dossier non venisse dato ampio respiro. Un dossier dei generali Mori e De Donno. Per questo non mi ha mai convinto questa tesi. E i dubbi li ho sempre espressi. Bisogna farsele delle domande. Ho avuto sempre tante dubbi”.
Ma Salvatore Borsellino non demorde e aggiunge: “E’ l’ipotesi peggiore che potessi immaginare. Aspetto di leggere le motivazioni, tuttavia la sentenza, con la condanna di Bagarella e Cinà, conferma che la trattativa c’è stata, l’assoluzione di Mori e De Donno vuol dire che quella trattativa non costituisce reato. E’ l’ipotesi peggiore che potessi immaginare perché sull’altare di quella trattativa è stata sacrificata la vita di Paolo Borsellino. Questo significa che mio fratello è morto per niente”. Fiammetta Borsellino da un lato. Salvatore Borsellino dall’altro. E in mezzo la sentenza trattativa a dividerli.