“Non mi sorprendono le notizie che arrivano dal Sudafrica. C’era già stata qualche segnalazione che addirittura l’adenovirus contenuto nello Sputnik potesse riattivarsi nei pazienti immunodepressi, ovvero che iniettando questo tipo di vaccino poi si poteva avere una ripresa dell’attivazione dell’adenovirus. Ora c’è questo allarme sull’Hiv che però va provato: mi sfugge come Sputnik possa favorire il rischio di sviluppare l’Hiv a meno che non si pensi che nel vaccino russo ci siano potenzialmente degli anticorpi ma mi sembra strano. All’inizio i dati iniziali del vaccino sembravano buoni ma oggi la situazione epidemiologica in Russia, con record di casi e decessi, stende un velo di dubbio sulla sua efficacia”. Così all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, commenta la decisione dell’Agenzia del farmaco sudafricana di rifiutare il vaccino anti-Covid Sputnik perché aumenterebbe il rischio nei maschi di contrarre l’Hiv.
Secondo Bassetti, il vero problema del vaccino Sputnik “è che non è usato dove prodotto”. In Russia “meno del 25% della popolazione è vaccinata, e questo vuol dire che non è gradito, eppure sono stati i primi a produrre un vaccino anti-Covid”, conclude l’infettivologo.
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