(Adnkronos) – “Dita incrociate”. Domani potrebbe essere messa la parola fine all’incubo di Patrick Zaki. Nel tribunale di Mansoura, che il 7 dicembre scorso ne ha disposto il rilascio, è infatti prevista una nuova udienza del processo che vede imputato lo studente egiziano dell’Università Mater di Bologna. Zaki parlò proprio di “dita incrociate per la prossima udienza” dicendo di voler tornare “a Bologna al più presto” in un’intervista a ‘Che Tempo che fa’ del 12 dicembre, quattro giorni dopo essere stato scarcerato.
Già domani potrebbe arrivare la sentenza definitiva per lo studente, che rischia fino a cinque anni di carcere per propaganda sovversiva. Ma è anche possibile che il giudice fissi la data in cui la sentenza sarà pronunciata. Zaki, come scrisse nel suo primo tweet da uomo libero, ha voglia di “libertà, libertà, libertà”.
L’ottimismo della vigilia, tuttavia, deve essere accompagnato dalla cautela. Come evidenziato dall’Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), l’ong egiziana con cui collaborava lo studente, il rilascio di Zaki è stata “una buona notizia e speriamo sia un buon segnale”, ma “non c’è certezza” che ciò porterà a una sua assoluzione.
ZAKI, UN INCUBO LUNGO 2 ANNI
L’ ‘incubo’ per lo studente dell’Università Alma Mater di Bologna era iniziato il 7 febbraio 2020, quando venne portato dietro le sbarre del famigerato carcere di Tora, dopo essere stato fermato all’aeroporto del Cairo. Era tornato in Egitto per far visita alla famiglia, un periodo di vacanza che invece gli era costato l’arresto. Solo negli ultimi mesi di detenzione era stato trasferito nel carcere di al-Mansoura, città dove Zaki è nato il 16 giugno del 1991.
I capi d’accusa menzionati nel mandato di arresto sono minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di notizie false, propaganda per il terrorismo. In particolare, il ricercatore egiziano avrebbe compiuto propaganda sovversiva attraverso alcuni post pubblicati su Facebook.
Il rinvio a giudizio è avvenuto invece per “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese” sulla base di tre articoli scritti da Zaki. Tra i testi messi sotto accusa ne spicca uno, scritto nel 2019 sui cristiani copti in Egitto perseguitati dallo Stato Islamico, l’Isis, e discriminati da alcuni elementi della società musulmana. Lo stesso Zaki appartiene alla comunità copta egiziana. Nei mesi scorsi si sono susseguite le udienze in cui ogni volta era stata rinnovata per 15 o 45 giorni la detenzione preventiva di Zaki, nonostante i numerosi appelli e iniziative del governo italiano, di politici, attivisti e associazioni.