Graziani e Buffa al Festivaletteratura ricordano le atmosfere del Mundial ’82

Buffa e Graziani (ufficio stampa Festivaletteratura)

MANTOVA – Sono iconiche le immagini del Presidente Pertini che esultava al Santiago Bernabeu dopo il gol di Marco Tardelli nella storica finale dei Mondiali 1982, vinti dall’Italia contro la Germania Ovest. Quello di cui quest’anno si celebra il quarantennale, fu il primo mondiale “moderno”. Ancora vivi nell’immaginario collettivo le telecronache di Nando Martellini, i gol di Paolo Rossi e, tra le tante imprese, l’epica partita vinta col Brasile di Zico e Falcao. Al Festivaletteratura una gremita piazza Castello ha accolto con entusiasmo Francesco “Ciccio” Graziani, tra i protagonisti di quel mondiale e Federico Buffa (con il libro Nuove storie mondiali, scritto con Carlo Pizzigoni), il narratore per antonomasia delle storie calcistiche e sportive. Solo un messaggio video da parte di Giancarlo Antognoni, assente per un impegno inderogabile.

“Il centrocampista più bravo con cui abbia giocato – ha detto Graziani di Antognoni -, innamorato pazzo della Fiorentina. Ai tempi nostri non era facile cambiare squadra. Quando ha avuto un momento difficile, lo andavo a trovare in ospedale anche a mezzanotte, si sentiva più sereno. Per me è stato come un fratello minore”. Una serata per celebrare, dicevamo, il quarto decennale di una delle più grandi imprese della storia sportiva italiana. Grazie all’abilità narrativa di Buffa quei giorni, dapprima difficili e diventati poi trionfali in un crescendo di emozioni, hanno assunto i contorni di un racconto epico, in un susseguirsi di ricordi. L’episodio dell’infortunio di Antognoni al collo del piede in semifinale con la Polonia: “Ciccio io domani non ce la faccio” disse a Graziani. “Gli misero quattro o cinque punti, il piede era gonfio. Giancarlo era preoccupato di non poter essere nella foto ufficiale in caso di vittoria – ha raccontato l’ex attaccante azzurro -. Ma ad infortunarmi in finale invece fui io, cadendo male sulla spalla al 7′. Ad Altobelli, che mi sostituì, dissi scherzando: meglio un asino sano che un cavallo zoppo”. Poi il pensiero a coloro che non ci sono più: prima Gaetano Scirea, morto tragicamente ancora giovanissimo, poco dopo aver terminato la carriera di calciatore. “Me la presi con Dio. In queste cose si cerca sempre una motivazione – ha detto Ciccio -: pensai che nella Nazionale del cielo mancava un libero come lui, come ho scritto nell’ultimo verso di una poesia che gli dedicai”. Poi la perdita molto più recente dell’eroe di quel mondiale, Paolo Rossi: “Ci manca il suo sorriso. Non partì bene, col Brasile tutti lo davano come partente dalla panchina. Due giorni prima del match, dopo colazione, mi sedetti in piscina a leggere i giornali italiani. Lì c’era Paolo, tristissimo per ciò che aveva letto. Gli dissi di avere fiducia e di non dar retta a ciò che scrivevano. Il resto è storia: il giorno dopo la tripletta venne ad abbracciarmi senza dire una parola”. Ultimo aneddoto sulla partita a scopone sull’aereo di ritorno con il presidente Pertini: “Grande persona, ma non capiva nulla di scopone – ha ricordato divertito Graziani -. Zoff raccontò che anni dopo arrivò un telegramma “è stata colpa mia. Il Presidente”.”

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