(Adnkronos) – La malattia Covid-19 fa meno paura, grazie all’adesione alla campagna vaccinale e alle armi terapeutiche. Per fare il punto sulla diffusione di Covid, sulle prospettive future della pandemia e della convivenza con il virus si sono ritrovati questa mattina epidemiologi e infettivologi, intervenuti a un media briefing online organizzato da Msd. Fra i temi affrontati anche le nuove evidenze real-world sulla terapia antivirale con molnupiravir, farmaco che da gennaio 2022 è stato utilizzato nel trattamento di oltre 46mila persone. Gli ultimi studi Panoramic e Clalit – informa l’azienda – hanno prodotto importanti risultati e confermato il valore dell’antivirale orale sviluppato da Msd in questa pandemia in continua evoluzione, dove i tassi di vaccinazione sono elevati e la variante Omicron sembra causare una malattia meno grave, nonché meno ospedalizzazioni e morti.
“Nell’ultimo periodo stiamo assistendo a un aumento del numero dei casi di infezione che, a mio avviso, potrebbero essere sottostimati per il semplice fatto che si ricorre alla diagnostica solo quando strettamente necessari – afferma Vincenzo Baldo, professore ordinario di Igiene all’Università di Padova e direttore dell’Uoc di Medicina preventiva e valutazione del rischio dell’Aou di Padova – Il virus, sebbene la variante Omicron abbia una maggior infettività, presenta una sua minor gravità. L’ultimo bollettino dell’Istituto superiore di sanità indica un Rt in aumento; si sta osservando anche un leggero incremento dell’occupazione dei posti letto dell’area medica e delle terapie intensive. Bisogna però capire se si tratta di accessi per Covid-19, ovvero il soggetto è giunto all’osservazione dell’ospedale per una sintomatologia da Covid-19, oppure se si è recato in ospedale per altre ragioni e poi è stato in maniera casuale trovato positivo. Questo è da considerare un indicatore di una patologia che sembra essere sempre più lieve rispetto al passato”.
“Le evidenze di Panoramic, studio inglese in real-world condotto su un grandissimo numero di soggetti, oltre 25mila persone randomizzate a ricevere molnupiravir in aggiunta alle cure tradizionali rispetto alle cure tradizionali da sole – spiega Matteo Bassetti, professore ordinario di Malattie infettive all’Università di Genova, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova – dicono che non ha ridotto l’ospedalizzazione e la morte perché lo studio è stato realizzato su soggetti vaccinati e con un range di età molto ampio, mentre si è dimostrato un beneficio sulla rapidità di cura e la quantità della carica virale, con un’efficacia consistente negli effetti sulla vita quotidiana del soggetto che torna prima al lavoro e in comunità. Un problema dello studio Panoramic è che il range di popolazione trattata è veramente molto ampio e l’età media davvero bassa, 56 anni. Questo è stato il limite dello studio. E’ assai probabile che molnupiravir offra il maggior beneficio in fasce più avanzate d’età”. Quanto alle evidenze dello studio real-world Clalit, svolto in Israele, confermano ciò che lo studio di fase 3 Move-Out su molnupiravir ha dimostrato, ovvero una riduzione di ospedalizzazioni e mortalità nella popolazione più anziana, ad alto rischio di progressione in malattia grave.
“Clalit è uno studio real world molto rilevante – commenta Ivan Gentile, professore ordinario di Malattie infettive all’Università di Napoli Federico II e direttore della Clinica di Malattie infettive dell’Aou Federico II di Napoli – che ha dimostrato come, su pazienti la cui età media era di circa 70 anni, vaccinati o che avevano contratto l’infezione, l’utilizzo di un antivirale come molnupiravir, somministrato nei primissimi giorni di malattia, ha ridotto in maniera significativa il rischio di ospedalizzazione, più che dimezzato, e il rischio di decesso, che si abbassa del 70%”.
“Questi dati sono molto significativi – rimarca – perché conoscevamo già l’efficacia di molnupiravir negli studi registrativi, che riduceva la progressione a malattia severa, ma i trial erano condotti su persone non vaccinate. Oggi abbiamo evidenze significative sull’uso di molnupiravir su pazienti over 65, fragili, vaccinati o che abbiano la malattia, per i quali l’utilizzo precoce dell’antivirale riduce l’ospedalizzazione e la morte in maniera importante. Tutto questo ha un impatto sul singolo paziente, ma ha anche ripercussioni sul sistema sanitario e sui costi”.