40 anni fa al Sociale le file per E.T., l’Extraterrestre che conquistò i cuori

Quarant’anni fa, in concomitanza delle festività natalizie, uscì in Italia il film-capolavoro di Steven Spielberg: E.T., l’Extraterrestre, l’alieno buono nato dal genio artigianale di Carlo Rambaldi che diventò immediatamente il protagonista di una favola che avrebbe conquistato il pianeta… Terra.
Nelle sale americane il film esordì l’11 giugno del 1982 dopo una premiere al Festival di Cannes mentre da noi arrivò sei mesi più tardi.
A Mantova ricordo lunghe file di persone davanti al Teatro-Cinema Sociale ad attendere di entrare. E all’uscita tutti con gli occhi lucidi, a pensare quanto sarebbe bello avere E.T. come amico, per nulla spaventati da quel suo incidere traballante e da quella mano dal lungo dito che sapeva come indicare il cielo per cercare la “casa” a cui telefonare ma che sapeva anche illuminarsi per guarire o toccare qualcuno nel profondo. Seppure nella convinzione di compiere un’operazione superflua, riassumiamo brevemente la trama. Nel bel mezzo di una notte d’autunno, un’astronave atterra in un bosco: ne fuoriescono piccoli alieni intenti a prelevare campioni di piante. Scoperti dai militari, le strane creature scappano con la loro astronave, ma uno di essi si attarda restando sulla Terra. Si rifugerà a casa di Elliott, un bambino di nove anni che lo accoglierà in casa sua, presentandolo anche ai suoi fratelli. Nonostante il forte legame nato tra i ragazzi e l’extraterrestre, la loro serenità non durerà a lungo. Ma alla fine di varie avventure E.T. riuscirà a ritrovare la via di casa aiutato dai suoi amici. La scena della partenza preceduta dal congedo dalla sua famiglia adottiva riesce ancora oggi a commuovere gli spettatori di tutte le generazioni, al pari del celebre volo in bicicletta, in grado di catturare l’essenza stessa della pellicola. L’istantanea dove si vede la silhouette di Elliott in bici con a bordo E.T. risaltare su un’enorme Luna abbracciata dagli alberi è entrata di diritto nella storia della settima arte. Uno dei più grandi successi del cinema mondiale che continua ad incantare grazie alla sua componente emotiva. Tre premi Oscar (musica, sonoro, effetti speciali). Il Washington Post si spinse ai limiti della blasfemia paragonando quella creatura fantastica al “nuovo messia”. Eppure un miracolo è riuscito a farlo se a distanza di tanti anni continua ad emozionare i bambini e tutti quegli adulti che hanno conservato in sé lo spirito dell’infanzia.

Matteo Vincenzi