(Adnkronos) – In Italia da Nord a Sud mancano medici, sia di famiglia che ospedalieri, ma anche infermieri e pediatri. Nelle zone periferiche e ultraperiferiche delle aree interne, è evidente la cosiddetta desertificazione sanitaria, ossia territori in cui le persone hanno difficoltà ad accedere alle cure a causa, ad esempio, dei lunghi tempi di attesa, della scarsità di personale sanitario o delle ampie distanze dal punto di erogazione delle cure. E il problema rischia di non essere colmato dai fondi messi a disposizione dal Pnrr. Soltanto il 16-17% delle Case e degli Ospedali di comunità, infatti, sarà realizzato in queste zone. Sono i dati del report ‘Bisogni di salute nelle aree interne’, realizzato da Cittadinanzattiva, e che Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, analizza in un’intervista pubblicata da Alleati per la salute (www.alleatiperlasalute.it), il portale di informazione medico-scientifica realizzato da Novartis.
“La riforma Dm77, collegata al Pnrr, mette mano alla desertificazione con la nascita e il rafforzamento di strutture territoriali per colmare le lacune nell’assistenza di prossimità – spiega Mandorino – Ci sono però con due criticità. Queste strutture devono essere popolate, e qui torniamo al punto da cui è partito il report, che evidenzia come queste figure, al momento, non sono disponibili per il blocco del turnover, il taglio alla spesa di personale, per esempio. Questi anni saranno quindi ancora difficili, pagheremo le conseguenze di quello che non è stato fatto. Superata la fase critica, però, va considerato che l’investimento sul personale è strutturale e va reiterato. Richiederà risorse aggiuntive o è destinato a fallire”.
Nel dettaglio, il report rivela che il sovraffollamento negli studi dei medici di famiglia e dei pediatri è evidente nel Nord con realtà come Asti e provincia, con un solo pediatra per 1.813 bambini, rispetto agli 800 previsti dalla normativa. La carenza di ginecologici ospedalieri, invece, interessa di più il Mezzogiorno. Oltre a Caltanissetta, dove c’è uno specialista ogni 40.565 donne, anche Macerata, Viterbo, La Spezia e tre province della Calabria (Reggio Calabria, Vibo Valentia e Cosenza). Contrariamente a quanto ritengono alcuni, “non si è indebolita l’assistenza territoriale per rafforzare l’ospedale – osserva Mandorino – In realtà è la politica di riduzione di definanziamento e di tagli di strutture e posti letto ad aver ridotto l’accesso, sia per ospedale che territorio”.
Oltre alla carenza di medici in tutta Italia, prosegue la segretaria di Cittadinanzattiva, “a causa della desertificazione avvenuta nel tempo, soprattutto per le infrastrutture sanitarie territoriali”, “mancano anche gli infermieri, dei quali il Pnrr parla spesso” perché figure “prevalenti per certi servizi, come gli ospedali di comunità”.
Il “Pnrr – conclude Maiorino – ha il potenziale per essere un intervento che innova e rafforza l’assistenza territoriale, ma vanno create connessioni e va irrobustito, con un investimento, quanto già esiste nel territorio, rafforzando la rete tra gli operatori, portando a sistema la medicina digitalizzata per coprire anche aree più remote, fragili e lontane. L’ideale sarebbe che, quando le Case di comunità saranno costruite come struttura, tutto quello che è propedeutico e funzionale per i diritti dei cittadini fosse già realizzato, con un’ottimizzazione e un investimento su ciò che già esiste”.
L’articolo completo è disponibile su: https://www.alleatiperlasalute.it/i-numeri-del-mese/pnrr-e-carenza-di-personale-cosa-dicono-i-dati.