Viareggio, 29 giugno 2009, una pagina triste della nostra Italia, l’Utp ricorda

Un lungo viaggio a ritroso nel tempo fino a quel 29 giugno 2009, quando la sera si consumò la strage ferroviaria di Viareggio. 
E’ quello proposto dall’Utp, l’Associazione Utenti del Trasporto Pubblico. E’ la memoria, 14 anni dopo, di quel che accadde quando quel treno seminò morte e distruzione, è l’omaggio silenzioso a 32 vite interrotte per le quali i propri cari aspettanno ancora giustizia, dopo 12 anni di processi…  

Viareggio, 29 giugno 2009 – Ventitre e quarantotto, di una calda sera d’estate. Il treno 50325 è in ritardo. Partito da Trecate (Novara) deve raggiungere Gricignano (Caserta). Porta quattordici cisterne cariche di Gpl. Ciascuna contiene 35mila litri di gas liquido. Viaggia, alla velocità di 90 chilometri l’ora: la velocità consentita è fino a 100. Attimi. Al treno si rompe qualcosa, esce dai binari prima di entrare nella stazione di Viareggio. Schizzano i sassi, “friggono” le scintille. Il capostazione fa appena in tempo a realizzare che va dato l’allarme subito. Ma prima vanno fermati altri due treni, che viaggiano da Nord a Sud e viceversa e rischiano di incrociare le quattordici cisterne fuori controllo.

Schianto. Stazione in tilt. I “bomboloni” sdraiati sui binari, sotto la storica passerella in ferro. La cisterna poco più avanti, all’altezza della Croce Verde. I macchinisti riescono a scendere, intuiscono e, tra il gas liquido, raggiungono la strada, la sede dell’associazione di volontariato: «Date l’allarme…è pieno di gas…». In quel momento le esplosioni.

Il boato. Il cielo che si fa rosso. La nuvola azzurra della morte dai binari è entrata nelle case. Devastazione. Brucia Rosario Campo, che passava in motorino al momento sbagliato. Bruciano le ambulanze della Croce Verde. Brucia via Ponchielli e la sua gente. Brucia il cuore di una città intera. Si è spezzato l’asse. Ed una cisterna si è aperta. Il bilancio dei morti è salito di ora in ora, poi di giorno in giorno. Dai sei annunciati nel cuore della notte, ai tredici della mattina seguente, ai quattordici della sera, ai diciassette del giorno successivo, ai diciannove, ai ventidue, ai ventiquattro. L’ultima è Elisabeth Silva, morta martedì 22 dicembre, dopo quasi sei mesi di agonia. Qui sotto l’elenco e le foto delle 32 vittime. Cliccando sul nome si possono leggere le loro storie.

All’alba folla di tecnici e politici, tra i luoghi devastati ed il Municipio. L’asse datato 1974, costruito nella Germania Est, revisionato nel 2008 ad Hannover, presso la Jungenthal che poi la invia alla Cima riparazioni. Ironia della sorte per sostituire, sullo stesso treno, un’altra sala montata (l’insieme di asse e ruote) che aveva mostrato di avere problemi tecnici. Perché si è spezzato l’asse e cosa doveva essere fatto per evitare la strage che alla fine conterà 32 morti?

La risposta arriva due anni dopo, dalle prove tecniche che costituiscono l’incidente probatorio e si tengono a Lovere (Bergamo) nelle Officine Lucchini: è stata la ruggine. Le indagini della Polfer che indaga per conto della Procura di Lucca parlano chiaro: allo stato dei fatti, “sussitono fondati sospetti di colpevoli lacune in fase di manutenzione dell’assile rotto”. Così si legge in una delle relazioni dell’ispettore capo Angelo Laurino, uomo chiave dell’inchiesta. il processo iniziato nella primavera del 2012 è tutt’ora in corso.

Anni di battaglie, per i familiari delle vittime riunite nell’associazione “Il mondo che vorrei”, per i cittadini e per i ferrovieri organizzati nell’associazione “29 giugno”.

Mentre via Ponchielli rinasce con le case rimaste, gli uffici, le aziende gli occhi di tutti sono puntati sull’esito dell’iter giudiziario.

Trentotto gli indagati, tra i quali Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato; i vertici di Rfi e Trenitalia; tecnici e dirigenti delle officine Jungenthal e Cima riparazioni. Una lunghissima battaglia legale che vede sul banco degli imputati potentissimi gruppi industriali e finanziari ed i loro amministratori.

Lo stato, deludendo le aspettative di tutti ha rinunciato a partecipare in giudizio come ‘parte civile’ in cambio di una liquidazione monetaria. Restano i familiari, le associazioni, i sindacati ed alcuni RLS di Trenitalia, a contribuire con la loro presenza alla ricerca della verità ed a tenere alta l’attenzione sui temi della sicurezza ferroviaria

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