(Adnkronos) – In Italia, negli ultimi 20 anni, i casi di figlicidio sono stati 535. Dal 2000 al 2013 340 i minori uccisi. L’anno nero è stato il 2014, con 39 figlicidi, seguito dal 2018 con 33. E dal 2020 ad oggi se ne contano già 31. Questo il quadro emerso oggi al Senato durante la presentazione del Disegno di legge n. 91 – prima firmataria la senatrice del Pd Valeria Valente – che si propone di colmare i vuoti legislativi in materia di provvedimenti dei figli nei casi di violenza di genere o domestica. A presentare il ddl, insieme alla senatrice, Antonella Penati e l’avv. Federico Sinicato, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’associazione Federico nel cuore, oltre a Vittoria Tola, responsabile nazionale dell’Udi (Unione Donne Italiane), e Alessandra Menelao, responsabile dei centri di ascolto mobbing e stalking.
A riportare gli ultimi dati è l’Associazione Federico nel cuore, tramite la voce di Antonella Penati, madre di Federico Barakat, ucciso nel 2009 a 8 anni con 37 coltellate dal padre, poi suicidatosi. La situazione è in linea con quella fotografata da Eures, istituto di ricerche economiche e sociali, la cui indagine riporta i dati fino al 2017 (447 vittime) e che oggi è stata aggiornata dalla stessa associazione. La Penati precisa che, nella rilevazione del dato, si è fatto riferimento alla cronaca sui figlicidi di minori /adolescenti e, in ogni caso, i numeri sono da considerarsi in difetto. La finalità è quella di dare un quadro di riferimento dal momento che in Italia non esiste una rilevazione seria e sistematica del fenomeno.
L’87% dei responsabili dei figlicidi è costituito da uomini, essenzialmente padri, e la quasi totalità è italiana. Il 13% è imputabile alle madri, le cui motivazioni sono quasi tutte riconducibili a situazioni di violenza/sofferenza o di pericolo, in molti casi più volte denunciate e non considerate. Il figlicidio paterno rappresenta invece quasi sempre una vendetta trasversale di uomini contro le proprie ex. Gli autori degli omicidi dei minori hanno un’età compresa tra i 40 e i 45 anni e appartengono al ceto medio-alto.
“Questo ddl – dichiara Valeria Valente -, confermato dalle decine di audizioni svolte in Commissione, è tanto semplice quanto radicale e profondo: un compagno, un marito violento non può essere un buon padre. Il nostro auspicio è che possa essere esaminato e approvato al più presto con ampio consenso, visto che si inserisce tra le indicazioni approvate all’unanimità nella relazione conclusiva della Commissione di inchiesta del Senato sul Femminicidio, che ha concluso i suoi lavori con la fine della passata legislatura”.
“Fino ad oggi – spiega Penati – nessuno è stato ritenuto responsabile del delitto di Federico sebbene mio figlio si trovasse in un ambiente ‘protetto’, mente era sotto la custodia dello Stato. Eppure, tutte le autorità coinvolte, pubbliche e private, erano a conoscenza della pericolosità dell’uomo, date le mie dieci precedenti denunce”. Vittoria Tola interviene a questo proposito sottolineando che “il ddl vuole anche impedire che le donne che denunciano siano ritenute, come spesso avviene, madri non adeguate o calunniatrici. Paradosso che ha comportato un preoccupante incremento di minori affidati ai servizi sociali, spesso privi della necessaria formazione”.
Altro punto fondamentale nel documento è la responsabilità dei giudici nel valutare la pericolosità del soggetto denunciato e, di conseguenza, la eventuale sospensione di ogni suo contatto con il minore. L’associazione rimarca con forza che questo disegno di legge è in linea con i contenuti della Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013. Inoltre, è notizia di pochi giorni, il Comitato per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne (Cedaw), strumento giuridico internazionale il cui giudizio è vincolante, ha di fatto ritenuto ammissibile la denuncia della mamma di Federico Barakat contro lo Stato italiano per non aver tutelato né lei né protetto il figlio dall’omicidio.