(Adnkronos) – I test antigenici rapidi per Covid “possono essere sicuramente un’arma di consapevolezza. Ho il sospetto” di essermi infettato, “faccio il test, sono negativo. Oppure mi ritrovo positivo e sto alla larga dai nonni, dai parenti fragili, anche da chi è giovane ma è purtroppo malato in maniera importante, soffre di malattie immunodepressive, non può essere vaccinato e se dovessi contagiarlo il rischio sarebbe enorme. In questa funzione, il test ha una logica”. A dirlo all’Adnkronos Salute è Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli), che fa il punto e offre alcuni consigli su quando ricorrere al tampone rapido, come farlo e con che affidabilità. Il primo punto è che “funzionano i test e funzionano il monitoraggio costante delle varianti e le sorveglianze che tutte le Regioni fanno costantemente, anche sulla base di quanto deciso con l’ultima circolare del 31 agosto per quanto concerne i controlli negli ospedali, nelle Rsa, nelle comunità. Siamo attivi a livello nazionale e regionale”, assicura l’esperto.
“Il funzionamento e l’efficacia dei test – precisa – vengono monitorati periodicamente. C’è un elenco dei test che viene licenziato in Europa dall’autorità Ecdc”, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, “che monitora semestralmente i test che escono sul mercato”. Cosa è dunque importante verificare? “Che siano sempre prodotti marcati Ce”, elemento che indica la conformità di un prodotto alle normative dell’Ue, elenca Clerici, “e che abbiano una validazione a monte di numerosi casi. Ma la verifica c’è sempre da questo punto di vista. Anche perché noi ci ritroviamo con un mercato che per l’85% è di prodotti antigenici sul mercato cinese, coreano, del Sudest asiatico. Per cui bisogna fare delle verifiche. Mentre sul mercato europeo le verifiche non vengono fatte post, ma ante, cioè durante la preparazione del prodotto. Poi c’è una zona grigia che sono gli acquisti online e lì non sappiamo cosa succede. Meglio dunque rivolgersi comunque a venditori che sappiano cosa propongono”.
In generale, qual è il livello di affidabilità del test antigenico rapido? “Se il prelievo viene eseguito in maniera corretta e con un prodotto certificato – puntualizza il presidente Amcli – possiamo dire che raggiungiamo anche punte del 92% di accuratezza e di sensibilità, però per arrivarci serve che tutto il sistema, dalla fase del prelievo alla fase della lettura, sia eseguito in maniera competente. Anche negli ospedali si usano i test antigenici, ma sono quei test che una volta si dicevano ‘di quarta generazione’, cioè basati su tecnologia innovativa: hanno un lettore automatico e il test evidenzia un’immunofluorescenza della reazione che avviene, quindi non solo la banda colorata dei normali test. In quel caso, la sensibilità sale anche al 97% ma questo test è ad appannaggio degli ospedali o di grossi centri”.
TAMPONI E NUOVE VARIANTI – C’è il rischio che le nuove varianti di Sars-CoV-2 – come Eris EG.5 o l’altamente mutata Pirola BA.2.86 – siano più ‘invisibili’ ai test antigenici rapidi? “Non ci sono motivi per pensarlo. Perché i test antigenici si basano sulla ricerca di pezzi di antigene ‘immutabile’. Possiamo dire che in particolare sono alcune parti dell’antigene che variano, e sono quelle delle nuove varianti che abbiamo imparato a conoscere, ma diciamo anche che, da Omicron in poi, tutte le successive sono sue sottovarianti. Per cui oggi il problema non è se il test antigenico riconosca la variante o meno. La domanda da porsi è un’altra: è utile fare il test antigenico o no? Le attuali indicazioni restringono il campo a poche persone” per le quali è importante farlo. “Il ‘tamponificio’ che ci ricordavamo nel 2020-2021 non ha più senso”, evidenzia il presidente dell’Amcli.
“La circolare ministeriale emanata a fine agosto – ricorda Clerici – definisce le categorie che devono essere sottoposte al test Covid. E comunque il test molecolare”, il classico tampone che si fa nei laboratori, “risulta” l’esame di riferimento. “E’ poi vero che se qualcuno vuole testarsi va in farmacia o al supermercato, compra il test rapido e può farlo. Ma il test rapido non ha la sensibilità del test molecolare, per cui molto spesso risulta negativo anche a fronte di una positività. Per le categorie veramente a rischio, dunque, l’ideale se vi è sospetto di positività sarebbe sottoporsi a un tampone molecolare”. Ma si parla di categorie ristrette. “Il tamponificio non ha più senso oggi grazie a due motivi: la circolazione del virus che in questi anni c’è stata e ha fatto sì che molta gente si infettasse e producesse un’immunità naturale, e le vaccinazioni. Chi resta fuori da questa situazione? Sono gli altamente fragili, quelli che magari non hanno potuto vaccinarsi”, dice Clerici.
Gli eventuali falsi negativi, è il messaggio dell’esperto, non sono comunque legati al fatto che i test antigenici rapidi non riconoscano le nuove varianti, ma piuttosto alla sensibilità del test o a eventuali errori di esecuzione. E qui “apriamo un capitolo che è delicato – osserva Clerici – Con il Covid noi abbiamo implementato anche l’autotest”, il tampone rapido ‘fai da te’. “La gente faceva da sola, però non dobbiamo mai dimenticare che il tampone per essere fatto bene dovrebbe essere necessariamente fatto sia a livello faringeo che a livello nasale. Farlo solo nasale riduce già la sensibilità. E in più, se il test non è un molecolare, la sensibilità si riduce ancora. Perciò, se si deve giocare sul test antigenico, cosa legittima, è meglio che comunque ci si faccia prelevare il campione da un esperto, che può essere un infermiere o un medico di questo campo. Non ad esempio il commesso della farmacia o lo zio che è in casa con noi. Perché fare bene il tampone non è semplice, ed è sempre un atto ‘invasivo'”.
“Il funzionamento e l’efficacia dei test vengono monitorati periodicamente”, precisa ancora Clerici. “E bisogna fare chiarezza anche su un punto. Lo diciamo da anni e va ricordato: le varianti non cesseranno mai, anzi aumenteranno di numero, ma è nella logica e nella biologia del virus e non dobbiamo spaventarci quando ne arrivano ulteriori. Perché è il tracciamento delle nuove varianti che ci consente di dire che con le vaccinazioni effettuate, e con quelle che verranno fatte da ottobre per chi vorrà, c’è una copertura” anche delle nuove versioni del virus.
“Non preoccupiamoci del numero delle varianti. Al limite preoccupiamoci della diffusibilità di Sars-CoV-2. In questo caso è giusto monitorare e tenere sotto controllo la situazione. Ma – puntualizza il microbiologo – non ci meraviglia che in questo periodo ci sia un incremento dei casi e non è escluso che l’incremento ci possa essere anche nel prossimo autunno-inverno, come è giusto aspettarsi essendo il Covid una malattia che colpisce l’apparato respiratorio. Come ci sarà l’influenza, ci sarà anche l’incremento del Covid. Quello che vediamo e che ci conforta è che non ci sono casi gravi. Ed è questo il dato importante, dobbiamo uscire dalla logica secondo cui c’è tanto Covid e siamo a rischio di finire in rianimazione”. Per il presidente Amcli si può dire piuttosto che “c’è tanto Covid, ma fortunatamente siamo protetti per una circolazione naturale e per un’immunità data dalla vaccinazione. E i test funzionano”.