Coronavirus, Iveco Suzzara devolve un’ora di lavoro al “Poma”. L’UGL punta a estendere la cig al 15 maggio: «Serve presa di coscienza, altrimenti pronti ad agitazioni»

Stabilimento Iveco, foto archivio

SUZZARA – Si è conclusa poco fa la teleconferenza tra la Direzione aziendale di Iveco Suzzara e le segreterie provinciali e le rsa di tutte le organizzazioni sindacali per l’approvazione del verbale di esame congiunto relativo all’accordo quadro per la procedura di cassa integrazione ordinaria relativa alla copertura dei giorni dal 16 al 20 marzo 2020. A renderlo noto il segretario provinciale UGL Metalmeccanici Umberto Colella.

Rimane confermata la ulteriore chiusura dello stabilimento fino al prossimo 3 aprile. L’azienda ha dichiarato di continuare nel proseguimento delle attività di sanificazione del sito. Ha inoltre aggiornato sui casi di Coronivarus riscontrati che, pur non essendo ancora ufficiali, sarebbero saliti a due.

L’azienda ha infine confermato la volontà di farsi parte attiva nell’espletamento della richiesta sindacale unitaria di devolvere un’ora di lavoro all’ospedale “Poma” di Mantova come gesto concreto di vicinanza e solidarietà verso chi quotidianamente presta la sua professionale assistenza per il prossimo.

UGL continua a sostenere la linea dura e a ribadire fermamente la necessità di fermare tutte le attività produttive non essenziali e crede utile estendere il periodo di cassa integrazione ordinaria fino al 15 maggio come indicato dal decreto. «Non si vedono – spiega Colella – segnali di flessione rispetto ai morti, che ad oggi sono 602, e rispetto ai contagi nella Regione Lombardia, che sono 9.266. E’ opportuno essere ancora più rigorosi se vogliamo contrastare questo fenomeno virale che non può più tenerci sotto scacco.
Siamo pronti anche a perseguire le linee indicate dalle organizzazioni sindacali nazionali con atti di agitazione qualora non ci sia una responsabile presa di coscienza delle aziende metalmeccaniche – ribadisce il portavoce dell’UGL; – questo governo continua a lasciare mano libera alle aziende».

Nel complesso calcolo relativo all’elenco dei codici Ateco delle attività ritenute essenziali
ammontano a circa 7,5 milioni, il 57,6%, i lavoratori dipendenti conteggiati nei bilanci delle imprese considerate essenziali, mentre sono circa 5,5 milioni, il 42,4%, i lavoratori nelle imprese ritenute non essenziali. Sono complessivamente oltre 800 mila, il 39,9%, le imprese rimaste aperte, sul totale delle imprese monitorate a livello nazionale.
In Lombardia sono oltre 2,1 milioni i lavoratori potenzialmente al lavoro nelle imprese essenziali, ovvero il 58% dei lavoratori totali osservati in Regione. Per quanto riguarda le imprese, sono oltre 155 mila quelle considerate essenziali e dunque rimaste aperte, ovvero circa il 38,8%. A Bergamo e Brescia la percentuale di quelle chiuse raggiunge invece il 65% delle imprese osservate, un valore leggermente più alto della media regionale e nazionale. In Emilia-Romagna sono oltre 58 mila le imprese aperte, ovvero il 38% del totale.

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