(Adnkronos) –
Sul futuro al momento nero dell’ex Gruppo Ilva il governo apre ai sindacati: annuncia il loro “pieno coinvolgimento” nel percorso con cui assicurare il rilancio del polo strategico siderurgico italiano e la tutela dell’occupazione, fuga i timori su eventuali chiusure dei siti o di una loro amministrazione straordinaria in caso di default e fissa, entro il 7 novembre prossimo, un nuovo round con Fim Fiom e Uilm. Ma soprattutto, riferiscono i sindacati, l’esecutivo assicura come sul tavolo di palazzo Chigi, in caso di fallimento delle nuove trattative avviate con Arcelor Mittal, il socio franco-indiano di maggioranza del gruppo siderurgico Acciaierie d’Italia, ci potrebbe essere anche un piano B, una nuova soluzione alternativa a Mittal.
Si chiude così, per i sindacati, una lunga giornata di mobilitazione iniziata con lo sciopero di 24 ore di tutti i lavoratori del Gruppo, proseguita con una manifestazione a Roma e terminata con una convocazione a palazzo Chigi fatta recapitare a Fim Fiom e Uilm giusto poco prima dell’avvio del corteo. Un incontro destinato soprattutto a rasserenare il clima tra i lavoratori esasperati e illusi da 5 anni di false partenze, è del 2018 il ‘contratto’ di joint venture tra Arcelor Mittal e Invitalia e la messa a punto di un piano industriale di rilancio per i sindacati mai decollato mentre la cassa integrazione coinvolge ormai complessivamente 3800 lavoratori su circa 9mila in attività, a cui si è aggiunto, l’altro ieri, l’allarme lanciato dallo stesso presidente del Gruppo, Franco Bernabè, di un default del gruppo pressoché imminente per carenza di risorse finanziarie se il governo non intervenisse in tempi brevi con una nuova iniezione di liquidità di circa 1 mld per le forniture di gas, che farebbero seguito ai 680 mln già erogati lo scorso gennaio.
Certo, nella nota di palazzo Chigi resa nota in serata, non c’è nessun riferimento esplicito al piano B ma i sindacati confermano. “L’esecutivo ha affermato che sta studiando anche “altre soluzioni rispetto a Mittal” perché bisogna essere pronti ad alternative per scongiurare la chiusura e la liquidazione”, ripetono Fim Fiom e Uilm. Il Governo comunque, “si è detto consapevole della complessità di tale confronto auspicando nel più breve tempo possibile una soluzione che sia vantaggiosa per tutti i soggetti interessati”, recita la nota di Palazzo Chigi che arriva in serata tracciando così una sorta di “road map” per il futuro e ribadendo “la volontà e l’impegno per la salvaguardia degli impianti, la tutela della sicurezza sul lavoro e il raggiungimento dei livelli di produzione necessari”.
Soddisfatti per ora i sindacati anche se la strada per una soluzione della “madre di tutte le vertenze” appare ancora molto lunga. Ma quanto ottenuto dall’incontro a Palazzo Chigi è per Fim Fiom e Uilm importante. Le mobilitazione dei siti siderurgici di Taranto, Genova e Novi, ovviamente andranno avanti a sostegno della trattativa almeno fino al 7 novembre, poi il calendario delle proteste sarà riaggiornato e calibrato sui risultati ottenuti dal secondo round di novembre”.
“Palazzo Chigi non solo ci ha ascoltato ma ha deciso di coinvolgerci nella trattativa in un percorso sul futuro dell’Ilva escludendo sia l’amministrazione e straordinaria che la chiusura. Abbiamo un tavolo entro il 7 novembre e noi vogliamo toccare con mano il futuro di questo polo strategico per il Paese perché con la gestione Mittal che abbiamo denunciato si rischia di non andare da nessuna parte”, spiega Roberto Benaglia leader Fim riportando ai lavoratori in attesa a piazza Santi Apostoli l’esito dell’incontro a Palazzo Chigi. “ Certo, è ancora tutto da fare ma noi siamo sulla strada giusta:chiediamo al governo di ascoltare e assumere le nostre ragioni e le nostre proposte in tema di investimenti, impianti, salvaguardia dell’occupazione e decarbonizzazione”, conclude Benaglia.
“Il risultato lo abbiamo raggiunto e non sarà un incontro una tantum. Da oggi infatti parte una mobilitazione permanente nei siti ex Ilva almeno fino al 7 novembre e finché non si raggiungerà un accordo per arrivare a obiettivi fondamentali: di chi è la proprietà e chi è che decide dentro gli impianti. Di soldi pubblici finora ne sono stati messi tanti ma poi a decidere e governare il disastro di Arcelor Mittal è sempre l’amministratore delegato. Il governo su questo ha detto che ci ragiona. C’è ancora in piedi l’ipotesi di una nuova trattativa con Mittal ma bisogna essere pronti e su questo noi vogliamo negoziare perché corriamo il rischio che Adi ci dica che non riescono più a stare in piedi”, commenta il leader Fiom, Michele De Palma.
Torna sulla necessità che il governo salga in maggioranza in Adi, invece, il leader Uilm Rocco Palombella. “Il governo se ne faccia una ragione: salga in maggioranza e si prenda la governance di Acciaierie D’Italia visto che all’inizio dell’anno hanno concesso 680 milioni di euro. Non c’è alternativa a questo, altrimenti sarà una trattativa a perdere che poi taglierà posti di lavoro e chiuderà impianti”, spiega.
“Il problema è che il governo considera Mittal un imprenditore normale. Non sono state sufficienti 10.000 manifestazioni per rendersi conto che Mittal in questi quattro anni è venuta in Italia e non ha prodotto alcun risultato ne’ in termini occupazionali né in termini produttivi tantomeno sull’ambientalizzazione. Sarebbe stato sufficiente questo per dire che non ci sono più le condizioni per andare avanti. E invece il governo ha scelto diversamente ed ora la trattativa è ancora più complicata”, prosegue ribadendo:” dobbiamo evitare di concedere a Mittal altri investimenti e smettere di crederlo un imprenditore”, conclude. (di Alessandra Testorio)