Saman, il fratello in aula “Mamma mi disse che a lei ci avrebbero pensato loro”

“Papà e mamma mi chiedevano di starle dietro, perché Saman scriveva spesso col cellulare”. Lo racconta in aula il fratello della giovane pachistana uccisa per essersi opposta a un matrimonio organizzato dalla famiglia. “Io stavo sempre vicino a mia sorella, sul letto, sul divano, vedevo con chi scriveva e lo dicevo a mio papà. Ho registrato le conversazioni con Saqib perché Saman usava il mio telefono e aveva dimenticato di scollegare il suo account”. “Hanno organizzato tutto quella sera – ha aggiunto -. Mia mamma mi disse ‘registra tutto e poi ci pensiamo noi’. Mai avrei immaginato cosa sarebbe potuto succedere mostrando le chat. Non c’ho mai pensato”. Quanto ai filmati, dice il fratello, “non li voglio vedere, mi fanno male”.
“Saman rimase in bagno una mezz’ora. Mentre era lì, mio padre mi disse di mostrargli le chat tra mia sorella e Saqib (il fidanzato, ndr.) altrimenti mi avrebbe appeso a testa in giù nelle serre” dice Ali Heider, raccontando la sera in cui la sorella è scomparsa, il 30 aprile 2021. Saman scrisse al fidanzato diversi messaggi mentre era in bagno. “Quando è uscita, l’hanno incalzata, mia mamma l’ha rincorsa dicendole che l’avrebbero fatta sposare con chi voleva, ma lei voleva fare la sua vita. In bagno si è cambiata, si è messa i jeans ed è andata in strada. Mio padre ha chiamato qualcuno mentre Saman era al bagno, ha detto ‘state attenti alle telecamere'”. E poi aggiunge, visibilmente scossò: “I documenti che le avevano dato, le carte, era tutto finto. Hanno dato per finta quelle carte per farla tornare a casa, i documenti erano falsi”.

“Mamma guardava tutta la scena, mio zio prendeva mia sorella e lei guardava” racconta il fratello di Saman in aula. Incalzato dalle domande dell’avvocato Luigi Scarcella, difensore di uno dei cugini della vittima, imputati nel processo. “Non riesco a dire”, ha poi spiegato il ragazzo.

“Ero davanti alla porta di casa, ho visto tutta la scena. Mia sorella camminava e zio l’ha presa per il collo con il braccio e l’ha portata nella serra”. “Ho visto anche i cugini – ha precisato – ma solo di faccia, perché erano nascosti dietro a mio zio”. “Non ho chiesto cosa fosse successo, avevo provato tante volte ma mi dicevano di stare zitto. Loro sono convinti di aver fatto bene a fare quello che hanno fatto, anche adesso. Ed io non ho detto nulla perché avevo paura di fare la stessa fine”. “Mai mi sarei aspettato sarebbe successa una cosa del genere – ha ribadito – mai me lo sarei aspettato da mamma. Da papà sì, perché lui non faceva parlare mia madre, ogni volta le diceva di stare zitta e buona”. E poi l’affondo. “Ho pensato che avrebbero potuto fare a me quello che hanno fatto a mia sorella”.

Secondo quanto riferito dalla procura dei minorenni di Bologna il giovane non risulta allo stato iscritto nel registro degli indagati. L’avvocato Valeria Miari, che ad oggi lo ha assistito, ha rinunciato al mandato come legale di parte civile per lui e per l’Unione dei comuni della Bassa reggiana. La 18enne di origini pachistane è sparita da Novellara (Reggio Emilia) nel maggio 2021 e trovata senza vita nel novembre 2022. Per la sua morte sono imputati il padre, la madre, uno zio e due cugini.

“La notte in cui Saman è scomparsa, i miei genitori sono rientrati a casa e hanno cominciato a fare le valigie. Mi hanno detto che andavamo in Pakistan l’indomani. Mio papà ha messo lo zaino di Saman su, nell’armadio”. “Mamma non smetteva mai di piangere, così come pure io – ha aggiunto -. Mentre piangevo è venuto mio zio in camera mia, si è messo sotto le coperte e mi ha detto di non piangere, che quello che era successo ormai era successo. Sentivo l’odore dell’alcol e appena si è addormentato ho pensato di ammazzarlo, perché aveva fatto quella cosa a mia sorella. Ma poi ho pensato che sarei diventato come lui e che avrei lasciato fare ai carabinieri. Mi sono svegliato prima che partissero i miei genitori, lo ho trovato davanti casa che portava le valigie”.

Adnkronos

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