Salute, studi confermano i benefici del riunirsi a tavola in momenti conviviali

(Adnkronos) – Mangiare in compagnia fa bene alla salute: lo confermano due recenti studi. Il primo, dell’Università del Minnesota e pubblicato sulla rivista ‘Family, System and Health’, fotografa l’attuale convivialità analizzando abitudini e riti quotidiani in Italia, Germania e Stati Uniti, con oltre mille partecipanti per ciascun Paese. Il secondo è uno studio italiano pubblicato su ‘Nutrition Research’, che analizza la più recente letteratura per confermare quanto mangiare insieme faccia bene, renda più felici e meno stressati. I due studi sono stati presentati in occasione del nuovo appuntamento, parte del ciclo di incontri ‘Let’s Talk About Food & Science’ promosso dal Gruppo Barilla, a cui hanno partecipato gli autori della scientific review italiana Elisabetta Bernardi, nutrizionista dell’Università di Bari e divulgatrice scientifica, e Francesco Visioli, professore associato di Nutrizione umana, Dipartimento di Medicina molecolare, Università di Padova, con Vincenzo Russo, professore ordinario di Psicologia dei consumi e Neuromarketing, fondatore e coordinatore del Centro di ricerca di Neuromarketing ‘Behavior and Brain Lab’ dell’Università Iulm.  

Nel dettaglio, lo studio dell’Università del Minnesota, realizzato in collaborazione con il Gruppo Barilla – illustra una nota – rivela che chi mangia più spesso in compagnia dichiara di essere meno stressato, specie tedeschi e italiani, e, a fine pasto, di avere un umore migliore per il resto della giornata, soprattutto americani e tedeschi. Inoltre, sono state riscontrate correlazioni positive significative tra la frequenza dei pasti condivisi e il rafforzamento dei legami sociali in tutti e 3 i Paesi analizzati. Un’altra notizia positiva è che la convivialità è un fenomeno globale e non solo mediterraneo, pur con qualche differenza: dichiara di consumare 6 o più pasti a settimana in famiglia o con gli amici il 50% degli intervistati, con punte del 74% in Italia, che è leader in convivialità. All’altro estremo ci sono gli Stati Uniti, con un americano su 10 che ammette di non mangiare mai assieme ad amici o familiari e 3 su 10 che non fanno più di 2 pasti a settimana in famiglia. Inoltre, il 20% degli italiani condivide sui social foto del pasto, tanto quanto gli americani e più spesso dei tedeschi, un’abitudine tollerata dai commensali purché non ci si intrattenga in videocall o telefonate.  

Una ulteriore riprova della correlazione positiva tra convivialità, prevalenza inferiore di malattie cronico-degenerative, e maggiore benessere psicologico e longevità arriva dalla scientific review italiana realizzata da Bernardi e Visioli, secondo cui l’analisi delle risposte infiammatorie, dei livelli di pressione sanguigna, della frequenza cardiaca e dei livelli di cortisolo evidenziano una relazione diretta tra felicità, salute e longevità, seppure i meccanismi che regolano una tale relazione non siano ancora del tutto chiari. 

“Il modello alimentare mediterraneo, che si fonda proprio sul valore della convivialità – osserva Visioli – fa bene e lo provano numerosi studi. Tra i più recenti, un’indagine condotta sulla popolazione spagnola che ha dimostrato una correlazione tra dieta mediterranea, condivisione dei pasti e minore insorgenza di malattie cardiovascolari. Il contesto sociale esercita dunque una profonda influenza sul comportamento alimentare: quando le persone condividono il pasto danno priorità alla salute e al benessere, prediligendo una sana alimentazione e aumentando il consumo di frutta e ortaggi”. Inoltre, stando allo studio, i nuclei familiari che consumano insieme i pasti tendono ad avere una dieta più sana e i loro membri hanno meno probabilità di essere in sovrappeso o obesi. In particolare, i bambini che sin dalla tenera età sono cresciuti con genitori abituati al consumo di frutta e ortaggi saranno più propensi a integrare questi alimenti nella propria dieta quotidiana. Non solo: i due studiosi riportano evidenze secondo cui i bambini che consumano i pasti in famiglia hanno un rischio minore di obesità, migliori risultati scolastici e sono meno stressati e ansiosi. La partecipazione ai pasti con amici e familiari crea anche un ambiente favorevole allo scambio di esperienze, migliorando così la qualità della comunicazione.  

“Queste evidenze – aggiunge Bernardi – ci ricordano l’importanza di trovare il tempo per i pasti in comune. Non serve rimpiangere modelli conviviali che fanno parte di un passato lontano: che si tratti di un piacevole brunch nel fine settimana o di una cena veloce in settimana, i benefici del riunirsi intorno alla tavola ci sono e sono innegabili. Favorendo i legami e promuovendo emozioni positive, i pasti condivisi, in particolare se ispirati alla dieta mediterranea, hanno il potenziale per migliorare la qualità della vita degli individui e rafforzare i legami all’interno delle comunità. Infine, i ricordi positivi di precedenti interazioni sociali con parenti o amici stretti influiscono sulla decisione di perseguire ulteriori legami con queste persone”. 

Se la dieta mediterranea è il modello alimentare della convivialità, il suo piatto simbolo non può essere che la pasta. “Mangiare pasta – sottolinea Russo – provoca nell’individuo uno stato emotivo-cognitivo positivo con dei risultati uguali, se non addirittura superiori, rispetto a quelli registrati con tecniche neuroscientifiche ascoltando la musica preferita o assistendo a una manifestazione con lo sportivo che si tifa. Uno studio realizzato dal nostro Centro di ricerca di Neuromarketing ‘Behavior & Brain Lab’ dell’Università Iulm ha dimostrato che l’esperienza emotiva vissuta durante la degustazione della pasta preferita è pari a quella generata dalla rievocazione di ricordi felici, in particolare quelli legati alla famiglia. I partecipanti al nostro test hanno infatti legato il consumo di pasta a momenti di condivisione familiare (5,10 su una scala Lickert da 1 a 6) e amicizia (5,07)”.  

(Adnkronos)