MANTOVA – Il 10 settembre la presentazione ufficiale e poi entro l’autunno il via alla sperimentazione che durerà un anno o di più in base al tempo necessario: stiamo parlando del progetto di adeguamento liturgico che coinvolgerà il Duomo.
Secondo i criteri indicati dal Concilio Vaticano II, infatti, sono sempre di più le parrocchie impegnata in questo passaggio, un cambiamento necessario, per adeguarsi ai tempi, per modificare il rapporto con la liturgia, per permettere all’assemblea di partecipare attivamente. Un cambiamento importante, come quando il celebrante, da sempre abituato a dire messa voltando le spalle all’assemblea ha cambiato posizione. Allo stesso modo il parroco dovrà essere di più tra i fedeli.
A presentare il percorso che si sta effettuando sono stati questa mattina don Giampaolo Ferri, direttore ufficio comunicazione sociali della Diocesi di Mantova, don Alberto Formigoni, vicario generale e Alessandro Campera, vice direttore Ufficio Beni Culturali ecclesiastici ed Edilizia di culto.
Lo studio preliminare della sperimentazione
Un progetto, ci tengono a sottolineare, non definitivo, ma sperimentale, un percorso provvisorio e graduale di prove che sono assolutamente reversibili e modificabili attraverso la partecipazione, ci saranno, infatti, occasioni di confronto tra i celebranti, con i fedeli, per capire in quale direzione andare.
“E’ uno studio preliminare, non possiamo ancora parlare di progetto, sarà una prova dal vero con continui aggiustamenti – spiega Campera – quello che è certo è che vogliamo utilizzare e riutilizzare le sedie e i materiali che abbiamo, anche perchè essendo provvisorio, che può cambiare più volte, non avrebbe senso investire comprando nuove sedie o banchi, dobbiamo prima capire quale sarà l’allestimento definitivo”.
Allo studio stanno lavorando l’architetto Giorgio della Longa, la consulente liturgica Silvia Tarantelli, e gli uffici diocesani dei beni culturali, della comunicazione e l’ufficio liturgico.
Nessun dettaglio è lasciato al caso, dall’architettura alla musica, dall’acustica alla disposizione delle luci e delle casse: tutto dovrà essere provato, approvato o cambiato a seconda di come viene percepito. Unico punto fermo il fatto che l’assemblea deve diventare parte attiva dell’atto di culto e sentirsi accolta, come a casa.
Possibili nuove disposizioni: altare, banchi, pulpito
Qualche idea ovviamente c’è già. Fare uscire il celebrante dalla balaustra, che oggi crea una barriera fisica tra lui e l’assemblea, riutilizzare il pulpito, per anni abbandonato, ed eliminare una parte dei banchi che saranno sostituiti con sedie con inginocchiatoi come quelle di Sant’Andrea.
Ecco allora che l’altare potrebbe avere una forma quadrangolare, non lunga, tipo mensa e sicuramene sarà vicino all’assemblea al di qua della balaustra, il pulpito, che in Duomo era utilizzato nel passato per la predica è al centro, per cui potrebbe tornare ad essere un elemento fondamentale, non mancherà poi un luogo dove la sede del celebrante e la cattedra del Vescovo troveranno la loro collocazione ideale.
I banchi del ‘700 potrebbero essere in grande parte sostituiti dalle sedie, e conservati in altri locali della Diocesi. “Non dimentichiamo che sono stati introdotti nell’illuminismo, prima non c’erano – spiega don Gianpaolo Ferri – così disposti creano l’effetto di qualcuno che insegna e qualcuno che ascolta, che non è lo spirito del Concilio Vaticano II, per questo vanni rivisti”.
Perchè oggi, visto che il Concilio Vaticano II è di qualche decennio fa
“Perchè le chiese devono dare un senso di Dio, di comunità cristiana. La disposizione così statica, ingessata e l’altare sopraelevato, lontano dove spesso non si vede nemmeno quello che accade non dà il senso di accoglienza e di casa che invece una chiesa dovrebbe avere. Ecco perchè si è deciso di intraprendere questo percorso” – ha commentato il Vicario generale don Alberto Formigoni.
Un nuovo spazio quindi dove linguaggi artistici e architettonici devono adattarsi alla comunità con lo scopo di farla sentire “a casa”.