(Adnkronos) – “Mpox non è il ‘nuovo Covid'”. E’ il primo messaggio che Hans Kluge, direttore regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l’Europa, tiene a mettere nero su bianco sul cosiddetto vaiolo delle scimmie, “indipendentemente dal fatto che si tratti del clade I del virus, responsabile dell’attuale epidemia nell’Africa centro-orientale, o del clade II, responsabile dell’epidemia del 2022 che ha inizialmente colpito l’Europa e che ha continuato a circolare” nell’area da allora. E il secondo punto fermo, evidenzia in una dichiarazione, è che “noi sappiamo come controllare Mpox e, nella regione europea, i passaggi necessari per eliminarne del tutto la trasmissione”. La malattia nota come vaiolo delle scimmie (prima del cambio del nome disposto dall’Oms) è una sfida, sotto vari punti di vista, ammette Kluge. E’ un “test per l’equità globale” e, avverte, “il modo in cui risponderemo ora e negli anni a venire si rivelerà una prova cruciale per l’Europa e il mondo”.
“Mentre affrontiamo il virus come un’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale per la seconda volta in due anni, voglio trasmettere alcuni messaggi fondamentali a nome dell’Oms Europa”, spiega Kluge. Il primo è appunto che Mpox non è Covid. “Sappiamo già molto sul clade II. Dobbiamo ancora saperne di più sul clade I”, ragiona. In base a ciò che è noto ad oggi, “l’Mpox si trasmette principalmente attraverso il contatto pelle a pelle con lesioni, anche durante i rapporti sessuali. Questo mi porta al mio secondo messaggio: sappiamo come controllarlo. Due anni fa, abbiamo controllato l’Mpox in Europa grazie al coinvolgimento diretto delle comunità più colpite, uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini. Abbiamo messo in atto una sorveglianza robusta; abbiamo indagato a fondo sui nuovi casi di contatto; e abbiamo fornito solidi consigli di sanità pubblica. Il cambiamento di comportamento, l’azione di sanità pubblica non discriminatoria e la vaccinazione hanno contribuito a controllare l’epidemia”, ripercorre Kluge.
“Traendo insegnamento” da questa esperienza, “abbiamo esortato i governi e le autorità sanitarie a sostenere tali misure, per contribuire a eliminare Mpox dall’Europa. Ma a causa della mancanza di impegno e della mancanza di risorse non siamo riusciti a fare l’ultimo miglio. Oggi, stiamo assistendo a circa 100 nuovi casi di Mpox di clade II nella regione europea ogni mese. Tuttavia, l’attuale stato di allerta dovuto al clade I offre all’Europa l’opportunità di riconcentrarsi sul clade II. Per rafforzare la sorveglianza e la diagnosi, per fornire raccomandazioni, anche ai viaggiatori, fondate sulla scienza, non sulla paura, non usando stigma e non attraverso la discriminazione. E ancora per procurarsi vaccini e antivirali per coloro che potrebbero averne bisogno, sulla base di valutazioni strategiche del rischio”.