RIMINI (ITALPRESS) – “Il problema cruciale rimane la riduzione del debito pubblico in rapporto al prodotto. Un debito elevato rende più onerosi i finanziamenti alle imprese, frenandone la competitività e l’incentivo a investire; espone l’economia italiana ai movimenti erratici dei mercati finanziari. Sottrae risorse alle politiche anticicliche, agli interventi sociali e alle misure in favore dello sviluppo. L’Italia è l’unico Paese dell’area dell’euro in cui la spesa pubblica per interessi sul debito è pressochè equivalente a quella per l’istruzione. Sottolineo questo confronto perchè è emblematico di come l’alto debito stia gravando sul futuro delle giovani generazioni, limitando le loro opportunità. Affrontare il nodo del debito richiede politiche di bilancio orientate alla stabilità e al graduale conseguimento di avanzi primari adeguati”. Così il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, intervenendo al Meeting di Rimini. “La riduzione del debito sarà ardua senza un’accelerazione dello sviluppo economico. La strada maestra passa per una gestione prudente dei conti pubblici, affiancata da un deciso incremento della produttività e della crescita. Questo circolo virtuoso aumenterebbe significativamente le probabilità di successo e rafforzerebbe la credibilità delle nostre politiche, alleggerendo il peso della spesa per interessi”, ha aggiunto il governatore sottolineando, inoltre, come “la discussione sulle regole” europee “non sia quella più importante, noi non dobbiamo ridurre il debito per regole europee, ma perchè è conveniente farlo. Il debito è sostenibile ma se è così elevato comporta delle inefficienze, ci costringe a spendere soldi per far fronte a degli errori del passato. Quindi l’esigenza di ridurre il debito prescinde dalle regole europee”.
Panetta ha evidenziato i “segnali di vitalità” per l’economia italiana e questi progressi consentono di guardare al futuro con fiducia. “Senza indulgere in eccessi di ottimismo, dobbiamo partire da essi per costruire uno sviluppo sostenuto, duraturo e inclusivo. La crescita resta l’obiettivo fondamentale per l’Italia, ma per ottenerla dobbiamo affrontare con decisione i problemi strutturali irrisolti”. Poi il Pnrr. “Credo ci siano le condizioni perchè il Pnrr abbia degli effetti positivi sull’economia italiana, nel suo complesso dal 2021 al 2026 avrà un effetto sul Pil di 9% dovuti alla domanda, il reddito potenziale sarà più alto di 4%. Queste sono stime soggette ad una elevata incertezza – ha aggiunto -, ad esempio l’impatto dipenderà dalla qualità delle riforme, di quanto rafforzeremo la concorrenza, ma credo vi siano le condizioni per avere un effetto persistente e potenzialmente permanente sull’economia italiana. Quello che è importante è che il Pnrr segni un metodo, che lo Stato intervenga con investimenti e riforme, se questo diventerà il modo in cui il pubblico interviene sull’economia gli effetti saranno maggiori”.
Il numero uno di Palazzo Koch ha parlato a lungo di Europa ricordando come nel tempo l’integrazione europea “ha portato importanti benefici ai cittadini. L’abolizione delle tariffe doganali interne ha favorito la specializzazione produttiva e la realizzazione di economie di scala, stimolando l’efficienza e la concorrenza e accrescendo l’occupazione e il benessere. Si stima che in assenza del mercato unico il reddito pro capite in Europa oggi sarebbe inferiore di un quinto. Per superare le sue debolezze e tenere il passo con il progresso a livello mondiale – ha sottolineato -, l’Unione europea dovrà avviare riforme profonde ed effettuare investimenti ingenti nei prossimi anni. Tra le riforme, ho già sottolineato l’importanza di creare una capacità fiscale comune, senza la quale l’attuale governance europea – caratterizzata da una politica monetaria unica e da politiche di bilancio frammentate a livello nazionale – rimane squilibrata. L’idea che l’Ue possa funzionare efficacemente senza una capacità fiscale centralizzata è semplicemente un’illusione, e va superata. Una politica fiscale comune correggerebbe questo squilibrio e rafforzerebbe la coesione tra paesi membri, facilitando la realizzazione di investimenti strategici su larga scala. Le autorità europee hanno ora il difficile compito di garantire prosperità ai cittadini in un mondo meno stabile e meno aperto. Questo obiettivo richiede progressi in più direzioni. Anzitutto, è fondamentale proseguire il cammino di integrazione. Un banco di prova per la nuova legislatura europea sarà la capacità di confermare il ricorso a progetti di spesa comuni e di avanzare verso un’unione più completa e più integrata sul piano sia finanziario sia fiscale”.
Il governatore di Bankitalia ha, inoltre, toccato il tema della crisi demografica, ricordando che nei prossimi decenni “si ridurrà il numero di cittadini europei in età da lavoro e aumenterà il numero degli anziani. Questa dinamica rischia di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario, sulla propensione a intraprendere e a innovare, sulla sostenibilità dei debiti pubblici. Per contrastare questi effetti, è essenziale rafforzare il capitale umano e aumentare l’occupazione di giovani e donne, in particolare nei Paesi – tra cui l’Italia – dove i divari di partecipazione al mercato del lavoro per genere ed età sono ancora troppo ampi. Anche misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari costituiscono una risposta razionale sul piano economico, indipendentemente da valutazioni di altra natura. L’ingresso di immigrati regolari – ha osservato – andrà gestito in maniera coordinata all’interno dell’Unione, bilanciando le esigenze produttive con gli equilibri sociali e rafforzando l’integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro”. Infine, la Bce. “La politica restrittiva della Bce c’è stata per l’infiammata dell’inflazione. Con il suo intervento si è evitato che questa fiammata divenisse persistente, ovviamente ha avuto degli effetti: ha ridotto l’inflazione e frenato la crescita, ma la fine della restrizione è già iniziata. Io credo sia ragionevole aspettarsi che si vada verso una fase di allentamento delle condizioni monetarie”, ha concluso Panetta auspicando, quindi, un taglio dei tassi.
L’incontro è stato introdotto da Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. Per Vittadini “non possiamo pensare a uno sviluppo” se non si discute su “come rilanciare la produttività, il rapporto tra il prodotto e le persone occupate. Se non siamo in grado di fare questo tipo di intervento strutturale – ha evidenziato -, possiamo godere di tutti gli interventi contingenti, usare il Pnrr, ma dobbiamo chiederci come fare un salto”.
“Siamo – ha affermato – in un momento di passaggio: dall’economia finanziaria a un’altra idea di economia in cui si parla di sostenibilità ed erroneamente si pensa che sia solo il tema del cambiamento climatico”. Invece, per Vittadini, “c’è molto di più”, cioè “l’idea di rimettere al centro della vita economica uno sviluppo dell’uomo, la persona e un’economia reale”.
Panetta ha evidenziato i “segnali di vitalità” per l’economia italiana e questi progressi consentono di guardare al futuro con fiducia. “Senza indulgere in eccessi di ottimismo, dobbiamo partire da essi per costruire uno sviluppo sostenuto, duraturo e inclusivo. La crescita resta l’obiettivo fondamentale per l’Italia, ma per ottenerla dobbiamo affrontare con decisione i problemi strutturali irrisolti”. Poi il Pnrr. “Credo ci siano le condizioni perchè il Pnrr abbia degli effetti positivi sull’economia italiana, nel suo complesso dal 2021 al 2026 avrà un effetto sul Pil di 9% dovuti alla domanda, il reddito potenziale sarà più alto di 4%. Queste sono stime soggette ad una elevata incertezza – ha aggiunto -, ad esempio l’impatto dipenderà dalla qualità delle riforme, di quanto rafforzeremo la concorrenza, ma credo vi siano le condizioni per avere un effetto persistente e potenzialmente permanente sull’economia italiana. Quello che è importante è che il Pnrr segni un metodo, che lo Stato intervenga con investimenti e riforme, se questo diventerà il modo in cui il pubblico interviene sull’economia gli effetti saranno maggiori”.
Il numero uno di Palazzo Koch ha parlato a lungo di Europa ricordando come nel tempo l’integrazione europea “ha portato importanti benefici ai cittadini. L’abolizione delle tariffe doganali interne ha favorito la specializzazione produttiva e la realizzazione di economie di scala, stimolando l’efficienza e la concorrenza e accrescendo l’occupazione e il benessere. Si stima che in assenza del mercato unico il reddito pro capite in Europa oggi sarebbe inferiore di un quinto. Per superare le sue debolezze e tenere il passo con il progresso a livello mondiale – ha sottolineato -, l’Unione europea dovrà avviare riforme profonde ed effettuare investimenti ingenti nei prossimi anni. Tra le riforme, ho già sottolineato l’importanza di creare una capacità fiscale comune, senza la quale l’attuale governance europea – caratterizzata da una politica monetaria unica e da politiche di bilancio frammentate a livello nazionale – rimane squilibrata. L’idea che l’Ue possa funzionare efficacemente senza una capacità fiscale centralizzata è semplicemente un’illusione, e va superata. Una politica fiscale comune correggerebbe questo squilibrio e rafforzerebbe la coesione tra paesi membri, facilitando la realizzazione di investimenti strategici su larga scala. Le autorità europee hanno ora il difficile compito di garantire prosperità ai cittadini in un mondo meno stabile e meno aperto. Questo obiettivo richiede progressi in più direzioni. Anzitutto, è fondamentale proseguire il cammino di integrazione. Un banco di prova per la nuova legislatura europea sarà la capacità di confermare il ricorso a progetti di spesa comuni e di avanzare verso un’unione più completa e più integrata sul piano sia finanziario sia fiscale”.
Il governatore di Bankitalia ha, inoltre, toccato il tema della crisi demografica, ricordando che nei prossimi decenni “si ridurrà il numero di cittadini europei in età da lavoro e aumenterà il numero degli anziani. Questa dinamica rischia di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario, sulla propensione a intraprendere e a innovare, sulla sostenibilità dei debiti pubblici. Per contrastare questi effetti, è essenziale rafforzare il capitale umano e aumentare l’occupazione di giovani e donne, in particolare nei Paesi – tra cui l’Italia – dove i divari di partecipazione al mercato del lavoro per genere ed età sono ancora troppo ampi. Anche misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari costituiscono una risposta razionale sul piano economico, indipendentemente da valutazioni di altra natura. L’ingresso di immigrati regolari – ha osservato – andrà gestito in maniera coordinata all’interno dell’Unione, bilanciando le esigenze produttive con gli equilibri sociali e rafforzando l’integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro”. Infine, la Bce. “La politica restrittiva della Bce c’è stata per l’infiammata dell’inflazione. Con il suo intervento si è evitato che questa fiammata divenisse persistente, ovviamente ha avuto degli effetti: ha ridotto l’inflazione e frenato la crescita, ma la fine della restrizione è già iniziata. Io credo sia ragionevole aspettarsi che si vada verso una fase di allentamento delle condizioni monetarie”, ha concluso Panetta auspicando, quindi, un taglio dei tassi.
L’incontro è stato introdotto da Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. Per Vittadini “non possiamo pensare a uno sviluppo” se non si discute su “come rilanciare la produttività, il rapporto tra il prodotto e le persone occupate. Se non siamo in grado di fare questo tipo di intervento strutturale – ha evidenziato -, possiamo godere di tutti gli interventi contingenti, usare il Pnrr, ma dobbiamo chiederci come fare un salto”.
“Siamo – ha affermato – in un momento di passaggio: dall’economia finanziaria a un’altra idea di economia in cui si parla di sostenibilità ed erroneamente si pensa che sia solo il tema del cambiamento climatico”. Invece, per Vittadini, “c’è molto di più”, cioè “l’idea di rimettere al centro della vita economica uno sviluppo dell’uomo, la persona e un’economia reale”.
– Foto xb1/Italpress –
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