(Adnkronos) – “La campagna 2024 di raccolta del pomodoro è veramente difficile, specie per il Nord Italia, e dove non pensiamo che verranno raggiunti gli obiettivi produttivi. Ma naturalmente dobbiamo ancora finire l’intera produzione per poterne essere certi”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Francesco Mutti, amministratore delegato del Gruppo Mutti, azienda di Parma leader in Europa nel mercato dei derivati del pomodoro, fa il punto sullo stato ad oggi della raccolta del pomodoro in Italia. Il Gruppo Mutti ha chiuso il 2023 con un fatturato complessivo di 665 milioni di euro, registrando una crescita del 18% rispetto all’anno precedente. Annunciato anche un nuovo programma di investimenti industriali per il quinquennio 2024-2028, pari a 100 milioni di euro.
Mutti ricorda che “siamo nel cuore nella campagna di raccolta. Una campagna che si divide in modo molto diverso tra Nord e Sud Italia. Per quanto riguarda il Sud stiamo parlando di una situazione di sostanziale abbondanza, ma con due temi: uno, il pomodoro si sta precocizzando moltissimo e quindi ci sono dei dubbi sulla possibilità di poterlo trasformare completamente nei tempi; due, la mancanza d’acqua. Mancanza d’acqua che ha colpito e sta colpendo le campagne e che se non affrontata con una grandissima urgenza potrebbe poi trascinarsi come un fenomeno anche per i prossimi anni creando un indebolimento economico importante in uno dei capisaldi dell’economia del nostro Sud Italia”, lancia l’allarme l’imprenditore.
E anche al Nord i problemi non mancano. “Per quanto riguarda il Nord invece -spiega Mutti- è una campagna all’opposto, molto lenta, a oggi appunto siamo a metà del percorso sostanzialmente, ma tutte le aziende sono decisamente molto indietro rispetto ai programmi. Questo deriva da un fenomeno climatico che ha colpito le aree di maggior produzione, e cioè l’Ovest della pianura padana, in cui ci sono state delle precipitazioni assolutamente inusuali che hanno colpito l’area per tutto il mese di maggio fino all’inizio di giugno con piogge che hanno portato oltre il 95% del percentile quindi fenomeni veramente al di là molto al di là degli standard e che hanno stressato in modo importante le piante riducendone la capacità produttiva e appunto ritardandone la maturazione. Siamo ancora al Nord in ansia per quelli che saranno i raccolti e stiamo naturalmente andando avanti giorno per giorno”, ribadisce.
Secondo Mutti ad oggi i costi della campagna di raccolta “purtroppo sono decisamente più alti di quello che ci saremmo aspettati. Noi oggi abbiamo un’idea degli ettari che sono stati coltivati, abbiamo un’idea della cosiddetta resa per ettaro, che è una resa più bassa alla media degli ultimi anni, ma non sappiamo ancora come finirà la campagna”, sottolinea ancora.
Gli effetti di una campagna di raccolta difficile non dovrebbero però avere effetti sul prezzo per i consumatori del prodotto finale come passate e pelati. “Gli effetti climatici hanno evidentemente un impatto sulla produzione in generale di pomodoro. In questo momento noi non ci aspettiamo significativi rimbalzi dal punto di vista dei prezzi del prodotto finale, perché veniamo da anni di importante inflazione quindi tutto sommato ci potrà essere eventualmente qualche movimento ma niente di trascendentale”, sottolinea Mutti.
Ma, oltre ai cambiamenti climatici, un altro pericolo per il pomodoro ‘made in Italy’ arriva da lontano, secondo Mutti. “Nell’ultimo biennio la Cina inspiegabilmente ha deciso di fare una politica di importantissima sovrapproduzione di pomodoro, la definirei senza dubbio in dumping, andando ben al di là -racconta- delle necessità produttive sia per quelle che sono le sue capacità di vendita ma anche per quelle che sono le necessità di produzione mondiale. E questo con un chiarissimo e dichiarato obiettivo di diventare il primo produttore al mondo. Con un pomodoro di bassissima qualità, è bene ricordarlo. Gli Stati Uniti di fatto hanno proibito l’ingresso del pomodoro cinesi sulle loro coste. Come Europa potremmo muoverci anche noi in quella direzione, ma quanto meno se non vogliamo ricorrere a misure più estreme dovremmo comunque mettere in atto una serie di attività volte a tutelare in primis il consumatore ma anche le nostre filiere, estremamente importanti perché riguardano centinaia di migliaia di persone”, spiega l’imprenditore.
“Ricordiamo -sottolinea Mutti- che il pomodoro è il primo prodotto nelle esportazioni di food italiane, prima anche della pasta. Quali sono queste attività a tutela? Innanzitutto -spiega- mettere in chiaro in etichetta, quindi sul fronte, la provenienza della materia prima. Il consumatore deve sapere se si tratta di un prodotto 100% made in italy, se si tratta di un prodotto europeo e che quindi comunque è conforme a controlli come in generale in Europa avviene. O viceversa se andiamo su un prodotto non di origine europea, questo dovrebbe essere assolutamente immediatamente visibile al consumatore. Io rientro dalla Germania e ho trovato tantissimi prodotti che non avevano pomodoro europeo. E quindi inesorabilmente visto le differenze di costo, inesorabilmente cinese. Ma non era facilmente identificabile per il consumatore”, sottolinea.
“Il secondo passaggio -aggiunge l’imprenditore- è che la passata, uno dei simboli del made in Italy non può, cosa che anche in questo caso già avviene per la normativa italiana, non può essere prodotta attraverso diluizione di concentrato, che è il modo in cui molto spesso si porta all’interno delle passate prodotto cinese, non necessariamente in Italia ma da altri paesi questo è assolutamente possibile. Occorre un passaggio a livello europeo e deve essere molto molto chiaro. Occorre quindi un passo in avanti nella normativa affinché quello che siamo riusciti a garantire ai consumatori ovvero la sostanziale assenza sui nostri scaffali di prodotto cinese continui possibilmente ad essere mantenuta, quantomeno ad avere quegli elementi di assoluta trasparenza che da sempre il nostro settore vuole portare avanti”, aggiunge.
Mutti ribadisce però che “sugli scaffali italiani oggi non vi sono di fatto prodotti di origine cinese ma quello che sta avvenendo è che si stanno infiltrando in Paesi che hanno normative più lasche rispetto a quella italiana. Ma è importante rassicurare il consumatore italiano che al momento non esiste di fatto del prodotto cinese sui nostri scaffali”, ribadisce ancora.
Per quanto riguarda il percorso aziendale Mutti sottolinea che “la nostra oggi è un’azienda in forte crescita, che sta continuando un percorso di investimenti, sta consolidando la propria leadership a livello europeo. E anche quella che è la nostra leadership a livello nazionale sta continuando a crescere. La cosa più bella è veramente vedere come anche il consumatore italiano sappia costantemente riconoscere la qualità”.
Mutti sottolinea “che il pomodoro è un prodotto che deve essere valorizzato, non svalorizzato. Anche a livello italiano stiamo consolidando e stiamo continuando a crescere. Abbiamo avuto una relativa difficile congiuntura tra la campagna del 2023 e del 2024, abbiamo di fatto finito il nostro prodotto però siamo riusciti ad intervenire appunto con la campagna 2024. E adesso stiamo finalmente richiudendo quello che era un eccesso di ordini rispetto alle capacità dell’azienda, sintomo di una salubrità, direi della crescita aziendale”.
E il marchio Mutti continua a far sempre più breccia fuori dai confini italiani. “Ad oggi l’export per noi -sottolinea- è diventato veramente la parte predominante. L’Italia nonostante continua a crescere vale circa il 42% del nostro fatturato, contro circa un 58% dell’esportazione. Estero che senz’altro vede in Europa il primo grande centro, ma oggi siamo leader in un paese come l’Australia e siamo il primo brand a livello italiano venduto negli Stati Uniti, mercato nel quale stiamo investendo, molto ampio un mercato che richiede anni per essere costruito secondo quelli che sono i nostri standard. Dove la possibilità di portare l’eccellenza del made in Italy è uno tra i nostri obiettivi oggi”, conclude.