MANTOVA – Il calcio non è solo uno sport. Certo, questa frase agli occhi di chi non è appassionato può sembrare un inno all’esaltazione, un pretesto per giustificare atti che con la disciplina non hanno nulla a che vedere. Ma basterebbe poco per capire che, soprattutto in certi Paesi, questo sport ha influenzato (e allo stesso tempo è stato anch’esso influenzato) anche particolari realtà sociali e politiche. Un esempio di tutto ciò è sicuramente l’Argentina, dove sin dalla metà del ‘900 il calcio ha fatto da contorno alla difficile situazione politica in cui si ritrovava tutta la nazione.
A parlarne oggi in piazza Castello per Festivaletteratura sono stati il noto giornalista sportivo Federico Buffa e Fabrizio Gabrielli, autori del libro “La milonga del Fùtbol”. In una piazza gremita di pubblico i due autori hanno raccontato diversi aneddoti che riguardano il calcio argentino e di come è nato tutto questo fenomeno, grazie anche alle influenze che l’Inghilterra ha portato nel Paese (lo stesso Buffa ha dichiarato: “gli inglesi hanno inventato il calcio, ma gli argentini hanno inventato l’amore per il calcio”).
L’incontro, così come il libro, parla nella fattispecie di tre figure che hanno caratterizzato il calcio argentino del Novecento, i tre “dies” ovvero 10, come il numero che portavano sulla maglia: Renato Cesarini, Omar Sivori e, ovviamente, Diego Armando Maradona. Tutti e tre legati da un unico filo conduttore, in quanto il primo è stato il mentore del secondo che, a sua volta, è stato il punto di riferimento del terzo, a loro modo hanno rappresentato il loro Paese non solo dal punto di vista sportivo, ma hanno incarnato anche l’immagine dell’Argentina del tempo, nonostante il legame che avessero tutti e tre anche con l’Italia.
Neanche a dirlo, il più discusso nel corso dell’evento è stato “El pibe de oro”, Diego Armando Maradona, probabilmente il calciatore più grande di tutti i tempi e il più complicato, secondo Buffa, da poter raccontare anche per quello che è stato il suo trascorso fintanto che era in vita. A impreziosire il tutto, però, non è stato solo l’argomento trattato, ma anche la dialettica di Federico Buffa nel raccontare anche il dettaglio più “trascurabile” (anche se di trascurabile, in quelle vicende, non c’è nulla), capace di intrattenere tutti i presenti che si sono visti letteralmente volare via il tempo passato ad ascoltarlo.
In poche parole, quello intrapreso da Buffa e Gabrielli è stato un autentico viaggio attraverso l’Argentina del ‘900, durante il quale i presenti hanno potuto vivere in prima persona le difficoltà che ha dovuto affrontare il Paese in quei tempi e di come, attraverso queste situazioni, il calcio abbia fatto da “ponte” tra gli argentini e il resto del mondo.