(Adnkronos) –
L’Ucraina ha invaso da oltre un mese la regione russa di Kursk aprendo un secondo fronte nella guerra con Mosca. Le forze armate di Kiev sono arrivate a controllare centinaia di km quadrati ‘a casa’ di Vladimir Putin, mettendo a nudo la fragilità delle difese nemiche. La Russia sta cercando di riprendere il controllo della situazione, con l’obiettivo di respingere i soldati ucraini al di là del confine.
L’offensiva ucraina, che secondo il presidente Volodymyr Zelensky prosegue “secondo il piano”, non ha modificato in maniera radicale l’equilibrio della guerra. Non ha determinato, ad esempio, la diminuzione della pressione russa nel Donetsk, altra zona caldissima del conflitto.
Dopo 40 giorni dall’inizio dell’incursione, ci si interroga sull’obiettivo finale dell’azione: allargare le maglie delle forze di Mosca? Conquistare peso in un eventuale tavolo delle trattativa? Le domande abbondano e anche i dubbi non mancano, anche ai vertici dell’apparato ucraino.
L’ex comandante delle forze di Kiev, ora ambasciatore a Londra, Valery Zaluzhny, non aveva nascosto la sua opposizione all’incursione. Identica posizione aveva espresso il comandante della 80esima brigata d’assalto dell’aeronautica, Emil Ishkulov, allontanato dall’incarico lo scorso luglio, non senza proteste degli ufficiali del suo entourage.
“Non capiamo perché i comandanti che hanno una autorità non messa in dubbio fra il personale, che hanno riportato risultati vittoriosi sul campo ed esperienza di una grande guerra, cadono in disgrazia fra i vertici delle forze armate”, hanno dichiarato alcuni di loro in un video di protesta pubblicato sui social.
I media ucraini avevano allora scritto che la rimozione di Ishkulov era dovuta al fatto che “si opponeva a un compito che non corrispondeva alla forza della brigata”. Compito che, testimoniano ora due alti ufficiali citati da Politico, era proprio l’operazione a Kursk. Il comandante temeva che la sua brigata sarebbe stata troppo esposta in Russia e che il numero delle vittime poteva aumentare drammaticamente.
Zaluzhny, dal canto suo, sosteneva che non era chiaro quale sarebbe stato il secondo passo dopo l’incursione oltre confine da parte delle unità di elite delle forze selezionate da quattro brigate. ‘Una volta che hai la testa di ponte, che fai?’ aveva chiesto, senza mai ottenere una risposta chiara da Zelensky, come testimoniano le fonti. “Appariva come un gioco d’azzardo”, diceva il generale rimosso dall’incarico lo scorso febbraio, considerato un possibile sfidante politico di Zelensky.
Domanda, la sua, che risuona fra i molti scettici, sia in Ucraina che in Occidente, per cui il dispiegamento di forze a Kursk significa meno contingenti nel Donetsk, dove è in corso una offensiva russa diretta verso Pokrovsk, cittadina di importanza strategica, e la strada che collega Donetsk a Zaporizhzhia, verso le linee difensive occidentali intorno a Vuhledar.
“Le forze russe continuano a fare progressi tattici significativi a sud est di Pokrovsk, un importante hub logistico che si trova all’incrocio di alcune fra le più importanti linee di rifornimento ferroviario”, commenta l’Institute for the Study of War, think tank che monitora quotidianamente il conflitto sin dall’inizio.
Zelensky insiste invece nel dire che la situazione nel Donetsk si stia normalizzando, anche se ammette che continua a essere difficile. Il collegamento fra Kursk e Donetsk si riduce, secondo il presidente ucraino, a pensare che i russi sono stati costretti a distogliere risorse dalla linea del fronte dell’est dell’Ucraina. Una tesi ribadita dal comandante delle forze Oleksandr Syrskyi, considerato l’artefice dell’operazione Kursk, secondo cui le forze di Kiev hanno ora il controllo di quasi mille chilometri quadrati nella regione russa.
Ma il numero di militari ucraini che rimangono feriti o uccisi nel Donetsk aumenta rapidamente, testimoniano soldati al fronte. Ed è Syrskyi a essere costretto a iniziare il ridispiegamento di alcune unità da Kursk per potenziare le difese nel Donetsk. Tutto questo non conta però per i soldati in prima linea, euforici dal poter portare in Russia il dramma che soffrono in casa dal febbraio del 2022. “Mi sono sentito parte della storia perché era la prima volta dalla Seconda guerra mondiale che la Russia veniva invasa”, testimonia Sergei, uno di loro.