Mai così tanta acqua dal Garda, mai così poca arrivata alle Valli del Mincio

MANTOVA – Ancora oggi non si conosce quale sia il valore del deflusso ecologico del fiume Mincio, ovvero la portata minima che deve sempre avere il corso d’acqua per non andare in sofferenza insieme alla sua flora e fauna. L’argomento, dibattuto ormai da lungo tempo, è tornato d’attualità questa mattina presso l’Università di Mantova al Tavolo del Mincio, unione di 35 associazioni virgiliane che a vario titolo hanno a che fare, e hanno a cuore, le sorti del fiume che percorre buona parte dei suoi 75 chilometri sul territorio mantovano.

Oltre a questo argomento, si è parlato di altri non meno importanti: il fosforo e l’azoto presenti nelle acque, ad esempio, la cui presenza – spesso derivante da allevamenti intensivi e zootecnia – ha un impatto importante sull’ambiente fluviale e lacustre, e sugli esseri viventi che vi abitano all’interno.

Non mancano i campanelli d’allarme, insomma, e il fatto stesso che il Tavolo esista è dovuto al fatto che la situazione del Mincio presenta svariate problematiche che richiedono di essere risolte. “Un processo di degrado – è stato detto in fase di inizio dei lavori dai rappresentanti del Tavolo, di fronte a un folto pubblico – che prende il nome di interramento e scomparsa delle zone umide, impoverimento della biodiversità, peggioramento progressivo della qualità delle acque. Oggi si comincia a discutere di come riparare l’ambiente degradato, e nessuno ne mette in dubbio la gravità. Il secondo obiettivo era quello di affrontare con precisione e concretezza, un tema alla volta, le criticità presenti, così da identificare le giuste priorità nell’intervento che deve per forza essere collegiale. Siamo partiti dall’acqua, o meglio: dall’acqua che non c’è. Negli anni, l’acqua che abbiamo sempre dato per scontata non passa più attraverso il sistema delle Valli del Mincio e Laghi di Mantova. Oggi viviamo una situazione per la quale il nodo di deviazione delle acque per la difesa idraulica della città si è tramutato in uno sbarramento invalicabile che nega l’accesso dell’acqua necessaria alla sopravvivenza della zona umida di importanza internazionale. I mille ettari di allora – adesso non sappiamo quanti ne sono rimasti – di palude stanno sparendo e quindi progressivamente dismettendo la loro funzione di grande bacino di fitodepurazione del fiume e dei laghi. La scienza dice che l’acqua passata negli ultimi 10 anni non è in grado di tenere in vita l’intero ecosistema”.

Sul deflusso ecologico si è incentrata la relazione del’ing. Marco Faggioli dell’Università di Ferrara, il quale ha spiegato che cos’è nel concreto il deflusso ecologico, “un’evoluzione del deflusso minimo vitale”. Una soglia minima che dovrebbe corrispondere al 10% della portata mediana naturale del fiume, tale da consentire la funzionalità dell’ecosistema che lo compone e dunque la sopravvivenza stessa del fiume. Una soglia che però ancora manca, a causa di ricerche interrotte e poi riprese e di sperimentazioni ancora in corso. “Dovremmo essere vicini alla sua definizione – ha concluso Faggioli – ma questo deve essere un punto di partenza, non di arrivo. Un punto di partenza per ricalibrare tutti gli altri interessi, lavorando in maniera coordinata”.

Prima dell’intervento del prof. Marco Bartoli è stato ricordato come mai negli ultimi è arrivata dal Garda come quest’anno, eppure l’acqua passata dalla riserva delle Valli e dei laghi è la più bassa mai registrata. “La soglia del 10% è qualcosa di assolutamente arbitrario – ha spiegato Bartoli – e chiunque con un po’ di buonsenso direbbe che un fiume non può star bene con il 10% dell’acqua che potrebbe avere”. Il professore dell’Università di Parma si è poi concentrato sul fosforo presente nelle acque del Mincio, spiegando che “il bacino del Mincio è caratterizzato da un significativo surplus di azoto e fosforo, generato da attività zootecniche. I fertilizzanti nei suoli garantiscono la produzione di cibo. Nelle acque generano eutrofizzazione”. Resta il fatto che diversi terreni, nel Mantovano, non riescono più ad assorbire le sostanze e dunque le buttano fuori, con conseguenze per l’ecosistema circostante.

Sull’azoto si è concentrata la relazione del prof. Giuseppe Castaldelli, il cui discorso non si è limitato al Mincio ma al sistema dei fiumi del nord Italia. “Le Valli del Mincio – ha ricordato – sono la più grande zona umida che attua processi di fitodepurazione d’Italia”. La dissertazione si è poi concentrata anche sui fertilizzanti utilizzati in agricoltura e sul loro impatto sull’ecosistema fluviale e sui modi per ottenere risultati migliori con meno impatto ambientale.

Sono seguiti gli interventi del prof. Alessandro Andreotti dell’Università Superiore Sant’Anna di Pisa e di Andrea Agapito Ludovici, responsabile dell’area acque e fiumi del Wwf Italia.