Giornata ictus, meno del 30% riconosce i segni, verso nuove linee guida

(Adnkronos) – Nel nostro Paese l’ictus colpisce ogni anno 120mila persone, ma meno del 30% degli italiani è in grado di riconoscerne i segni per intervenire rapidamente, avvertono gli esperti. Per contribuire alla sensibilizzazione riguardo alla prevenzione e al miglioramento di presa in carico e cura dei pazienti, sulle orme del precursore europeo, Isa-Aii (Italian Stroke Association – Associazione italiana ictus) ha redatto lo Stroke Action Plan for Italy (Sap-I). Lo scopo è il raggiungimento entro il 2030 degli obiettivi di prevenzione, consapevolezza, ottimizzazione della fase preospedaliera e intraospedaliera, riabilitazione e monitoraggio. Nelle prossime settimane la società scientifica consegnerà il documento alle istituzioni e ne chiederà la firma al ministro della Salute, Orazio Schillaci. Le diverse problematiche relative alla gestione dell’ictus nel nostro Paese e le azioni necessarie sono state presentate in conferenza stampa in occasione del World Stroke Day 2024 che si celebra martedì 29 ottobre. 

“Il numero di persone colpite ogni anno da ictus è molto alto, sia a livello italiano che europeo – spiega Mauro Silvestrini, presidente Isa-Aii – Le stime dicono che nel prossimo futuro sarà possibile un aumento di incidenza della patologia del 26%, con un rilevante incremento dei costi sanitari legati alla gestione della malattia, che in Europa sono già altissimi, intorno ai 60 miliardi di euro. E’ quindi fondamentale intervenire sull’ottimizzazione dei servizi di presa in carico e trattamento dei pazienti, che oggi vedono grandi discrepanze tra Nord, Centro e Sud Italia. Infatti, solo il 24% delle Unità ictus (Stroke Unit) si trova nel Sud del Paese, con 51 strutture, mentre il Centro ne ospita il 26% (per 56 reparti). Al Nord, invece, si concentra il 50%, con 106 unità. Ai pazienti devono essere garantite una presa in carico rapida e una riabilitazione completa su tutto il territorio italiano. Per questo è necessario un impegno soprattutto a livello istituzionale”. 

“Come Isa-Aii, in questi mesi stiamo lavorando allo Stroke Action Plan, una versione nazionale del precursore europeo, lo Stroke Action Plan for Europe (Sap-E) – sottolinea Paola Santalucia, presidente eletta Isa-Aii – Un primo documento è già stato condiviso con tutta la società scientifica e verrà presto presentato alle istituzioni italiane perché possa ricevere il patrocinio del ministero della Salute. Una volta ufficializzato, rappresenterà le linee guida di riferimento della società e indirizzerà le azioni dei professionisti sanitari che si occupano di ictus. Il nostro interesse è in primis verso una maggiore informazione al cittadino riguardo i rischi della malattia, con controlli capillari ai pazienti ipertesi; una sensibilizzazione all’importanza del rapido riconoscimento dei segni e il coinvolgimento di scuole e Regioni; l’incremento delle centrali operative, la riduzione dei tempi di trattamento, oggi ancora eccessivamente dilatati, la revisione di percorsi e modalità di intervento”.  

“Altri obiettivi – prosegue Santalucia – riguardano il recupero post ictus, che prevede che pazienti e parenti ricevano informazioni approfondite riguardo le possibilità riabilitative, la definizione di protocolli regionali e il trattamento di almeno il 40% dei pazienti. Infine, un monitoraggio di qualità in ospedali e strutture, anche fino a 3 mesi post evento. Intanto chiediamo che il ministero della Salute italiano firmi, come gesto simbolico di impegno istituzionale, la Dichiarazione di azione dello Stroke Action Plan for Europe, un primo passo per garantire che entro il 2030 tutti i 53 Paesi europei possano condividere piani nazionali condivisi sul trattamento dell’ictus”. 

“Nonostante non sia possibile evitare al 100% il verificarsi di un ictus, è però possibile diminuirne le probabilità con la prevenzione primaria, prestando cioè attenzione agli stili di vita – aggiunge Danilo Toni, past president Isa-Aii – Fumo, consumo di alcol, obesità, sedentarietà, ipertensione e diabete sono fattori di rischio riconosciuti di questa patologia, su cui spesso è possibile intervenire con piccoli accorgimenti quotidiani. Come società scientifica stiamo lavorando con un vero e proprio ‘misuratore’ dell’ictus, lo Stroke Barometer, in uno studio osservazionale che ci ha permesso di quantificare la percezione dellìimpatto della malattia sulla popolazione italiana. Dalla ricerca è emerso che meno del 10% degli italiani pensa di poter subire un ictus nel corso della sua vita, nonostante colpisca 120mila persone all’anno e sia una delle tre cause di morte più diffuse, insieme al cancro e alle malattie cardiovascolari. Inoltre, meno del 30% degli italiani sarebbe in grado di riconoscerne segni e sintomi per poter intervenire in tempi rapidi. Una situazione che è importante indagare per studiare interventi mirati a sensibilizzare all’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce”.  

(Adnkronos)