1951, da Mantova a Berlino: una generazione in cerca di pace

1951. Rovine e macerie segnano il paesaggio europeo. Su di esse il sole proietta un’ombra che si allunga a tutto il mondo, spaccato in due dall’ultima guerra. Un nuovo scontro sembra sempre più vicino e una generazione di sopravvissuti sfida l’avvenire lottando per la pace e il disarmo. Ester Ferri, giovane funzionaria del Pci, parte con la delegazione mantovana per il Festival Mondiale della Gioventù di Berlino; è il più grande appuntamento del movimento pacifista, organizzato nella città in cui i fili invisibili delle tensioni internazionali si ingarbugliano travolgendo il destino dei suoi abitanti. Lì, Ester scopre culture diverse e una nuova prospettiva di sé.

Emanuele Bellintani

Tra discussioni appassionate e manifestazioni di solidarietà, incontra un attore che ha già vissuto molte vite: con lui si muove in un delicato gioco di specchi che riflettono il passato recente della Germania.
Berlino dunque 1951, è qui che prende forma il nuovo libro dello scrittore mantovano Emanuele Bellintani “Ho ancora una valigia a Berlino”, pubblicato da Cronache Ribelli, che sarà presentato domenica 10 novembre alle 11, presso la Sala Peppino Impastato della Biblioteca Baratta di Mantova. A intervistare l’autore sarà il giornalista e storico dell’arte Paolo Bertelli.

Dopo il fortunato esordio con il romanzo storico “Terra non Guerra”, ambientato alla fine degli anni Quaranta nel mondo bracciantile, l’autore prosegue nella riscoperta degli anni Cinquanta allargando lo sguardo al campo internazionale. La guerra di Corea, il riarmo della Germania e la repressione dei movimenti dei lavoratori sono la cifra di un’epoca: nel 1951, la protagonista Ester Ferri, appassionata funzionaria del Pci mantovano, si sposta sui binari della storia attraverso il mosaico di macerie dell’Europa. Lo stesso di quanto fece la giovane funzionaria mantovana del partito Maria Zuccati, che alcuni anni più tardi diventerà poi il primo assessore donna della Provincia di Mantova, la quale a 22 anni partì per Berlino. Come lei arrivarono nella città tedesca delegazioni di giovani da tutto il mondo  richiamati dal “Festival mondiale dei giovani e degli studenti per la pace”: per il movimento pacifista fu un appuntamento epocale, benché oggi praticamente sconosciuto ai più.
In Ester ci sono dei tratti di Maria, che Bellintani infatti ringrazia nel libro, ma la protagonista ha poi una serie di sue caratteristiche che, per molti versi, ne fanno un personaggio di fantasia.
“Ho ancora una valigia a Berlino” è un’opera che invita alla riflessione, mai così attuale, sui temi della pace, del disarmo e dell’identità, in un contesto storico denso di significato e di slanci ideali.
E proprio a tal proposito e proponiamo all’autore una riflessione che porta all’oggi, all’Europa nel cui cuore è tornata la guerra, al Medio Oriente ancora una volta teatro di un conflitto che sta devastando intere regioni e alle grandi potenze che sono tornate a parlare di riarmo. Nonostante questo l’Europa tace e con essa sembrano tacere anche i movimenti pacifisti, soprattutto se raffrontiamo la loro azione di oggi con quella del passato. Movimenti internazionali di giovani come quello di Berlino 1951 non se ne vedono all’orizzonte. Come mai secondo lei? 
Va operato un distinguo: la generazione europea di Berlino 1951 era sopravvissuta alla brutalità della guerra nazifascista, e giurava di proteggere la pace dal riarmo e dall’atomica. Anche per questo protestava contro le mosse guerrafondaie del neonato Patto Atlantico (la Nato). Oggi le tante voci per la pace e antimilitariste, basti pensare alle mobilitazioni per la Liberazione della Palestina, sono schiacciate dalla poca rappresentanza politica e da una rinnovata logica di guerra e compravendita di armi che sta avvelenando l’Occidente.

Dal suo primo libro ambientato nel mondo bracciantile alla fine degli anni ’40 alla Berlino di inizio anni ’50. Perché questa scelta? C’è comunque un legame tra le due opere?
Sì, indubbiamente. Il “raccolto” di Terra non Guerra è stato fecondo, e molto il materiale ancora da sviluppare intorno al tema della pace, nello schiudersi della guerra fredda. Il Festival mondiale della pace di Berlino, tanto importante quanto dimenticato, mi è sembrato lo scenario perfetto per espandere, anche geograficamente, il punto di vista: due settimane di eventi, con delegazioni da 104 Paesi ed un giovane Enrico Berlinguer come leader mondiale e organizzatore del Festival.