“In risposta, gli investitori internazionali hanno iniziato a ridurre l’esposizione al mercato statunitense – ha spiegato – Molti di essi hanno rafforzato le coperture contro il rischio di cambio sul dollaro, una scelta che dal punto di vista economico equivale a una dismissione parziale di attività denominate nella valuta americana, e hanno contestualmente accorciato la durata finanziaria dei portafogli. I rendimenti dei titoli pubblici statunitensi a lunga scadenza sono aumentati, mentre il dollaro si è indebolito, seguendo una dinamica atipica rispetto ai precedenti episodi di tensione finanziaria”.
Secondo Panetta “anche dopo il rientro delle turbolenze la valuta americana ha continuato a perdere terreno, con un andamento divergente rispetto al differenziale di interesse tra Stati Uniti ed Europa. Secondo nostre stime, oltre la metà del deprezzamento registrato dall’inizio di marzo nei confronti dell’euro è attribuibile a una crescente percezione di rischio associata alla valuta americana”.
“Un’ulteriore e significativa fonte di incertezza riguarda i dazi che saranno effettivamente applicati dagli Stati Uniti. Le proiezioni assumono il mantenimento delle misure oggi in vigore, che sottrarrebbero mezzo punto percentuale alla crescita nell’area dell’euro tra il 2025 e il 2027, con effetti contenuti sull’inflazione – ha spiegato Panetta -. Dazi più elevati e un’incertezza prolungata sulle politiche commerciali determinerebbero effetti ben peggiori sulla crescita e potrebbero influenzare le dinamiche inflazionistiche. Un marcato calo della domanda di prodotti europei da parte degli Stati Uniti e il riorientamento delle merci cinesi sui nostri mercati eserciterebbero pressioni al ribasso sui prezzi. In scenari estremi, tuttavia, l’inasprimento delle barriere doganali potrebbe frammentare le filiere produttive globali, aumentando i costi di produzione e alimentando l’inflazione”.
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(ITALPRESS).