Un plettro nel taschino e l’arte nel cuore: l’ultimo viaggio di Pédar

VIADANA – Un plettro nel taschino, un pennello vicino al cuore. È così che Viadana ha salutato ieri, nella chiesa di San Pietro, Pietro Borettini, per tutti “Pédar”: artista poliedrico, cantastorie, poeta, pittore e scultore, custode della memoria e della cultura oglio-padana. Si è spento domenica scorsa a 97 anni lasciando un vuoto profondo, ma anche una traccia luminosa nel cuore di chi lo ha conosciuto. La sua è stata una vita vissuta con semplicità e autenticità, come ha ricordato il parroco don Marco D’Agostino durante l’omelia, concelebrata con don Antonio Censori e don Luigi Pisani. “Me lo presentarono come ‘il grande Pédar’”, ha raccontato don Marco, “ma lui rispose subito: ‘No, sono solo Pédar da Viadana’. In quella frase c’era tutta la sua umiltà”. Un artista capace di cogliere il bello anche dove regna la fatica, di trasformare l’ordinario in poesia, senza mai perdere lo sguardo dolce e ironico sulla realtà.

Un funerale che è stato celebrazione e gratitudine

Ad accompagnare la salma dalla Casa funeraria Roffia fino alla chiesa e poi al cimitero, le note della banda di Noceto, unite a quelle di alcuni musicisti di Viadana. Tra i presenti, il sindaco Nicola Cavatorta – che al termine della funzione ha voluto leggere un toccante messaggio di ringraziamento – il sindaco di Bozzolo Giuseppe Torchio, il vicesindaco di Pomponesco Gabriele Giacomoli (comune che aveva conferito la cittadinanza onoraria a Borettini), i soci del Club San Pietro e numerosi amici, conoscenti ed esponenti del mondo culturale.

Il momento più intenso è stato l’esecuzione di “Al barbon”, una delle canzoni più amate e significative di Pédar, scelta dallo stesso artista come suo commiato. Intonata dal coro della chiesa dalla balconata dell’organo, la canzone racconta con umanità e leggerezza la vita di un senzatetto, simbolo di quella capacità tutta borettiniana di parlare degli ultimi, degli invisibili, con rispetto, verità e ironia.

Un’eredità fatta di arte e benevolenza

Nel taschino dell’abito funebre, la famiglia ha voluto inserire un plettro e un pennello: strumenti della sua arte, ma anche simboli della sua visione del mondo. “Pietro si porta via gli arnesi della sua creatività – ha detto don Marco – ma ci lascia il cuore attraverso le sue opere”. Perché Pédar non è stato soltanto un artista, ma anche una guida spirituale laica, capace di insegnare a guardare la vita con gentilezza, amore e spirito critico. Il suo sguardo era quello di chi sa vedere col cuore, come ha sottolineato più volte il parroco. “Ha sempre scelto il bene, e l’ha fatto con le sue armi: l’arte, l’umiltà e un sorriso profondo, il sorriso dell’anima”.