Coldiretti Mantova parla di biogas e biometano: “Opportunità da valutare per favorire la sostenibilità ambientale”

MANTOVA – La sfida ambientale dell’agricoltura passa anche dagli impianti di biogas e di biometano, due opportunità in grado di migliorare il conto economico degli allevamenti attraverso la produzione di energia e calore e di favorire il sequestro di carbonio, migliorando la fertilità dei terreni, grazie all’utilizzo del digestato.

Coldiretti Mantova ne ha parlato ieri sera in un convegno – visibile sulla pagina Facebook del sindacato agricolo – in cui si è affrontato, come ha specificato Gianni Rondelli dell’ufficio Tecnico del sindacato, il futuro della zootecnia in rapporto alla Direttiva nitrati e alla realizzazione di impianti in grado di produrre energia rinnovabile, in linea con il nuovo corso green della Commissione europea.

“Un appuntamento di formazione – ha spiegato il vicepresidente provinciale di Coldiretti, Fabio Mantovani – per far crescere le imprese agricole e assicurare una libera scelta di fronte a nuove opportunità di reddito”.

Nel Piano nitrati adottato da Regione Lombardia, ha ricordato Erminia Comencini, direttore di Coldiretti Mantova, “il ricorso a impianti di biogas e biometano sono incentivati come soluzioni sostenibili per le imprese agro-zootecniche, ma ogni allevamento dovrà valutare attentamente il proprio percorso”.

I numeri vedono la presenza in Italia di 1.650 impianti di biogas agricoli in Italia, il 40% dei quali si trova in Lombardia, prima realtà zootecnica su scala nazionale.

Il ricorso a strutture per la produzione di biogas, ha spiegato Sergio Piccinini, responsabile ambiente del Crpa di Reggio Emilia, “migliora la gestione delle deiezioni e favorisce il benessere animale, riducendo allo stesso tempo l’impatto ambientale delle stalle con la riduzione delle emissioni in atmosfera”.

Proprio con riferimento ad un nuovo approccio verde raccomandato su scala europea, ha precisato Piccinini, “il Parlamento danese ha previsto per legge che entro il 2030 tutto effluente zootecnico prodotto in Danimarca dovrà essere sottoposto a digestione anaerobica”.

Fondamentale, per le imprese agricole, sarà valutare la taglia dell’impianto e sfruttarne ogni potenzialità. “Sul fronte del biogas è possibile utilizzare in tutto o in parte l’energia elettrica prodotta dai reflui e quella termica, magari per scaldare l’acqua per gli abbeveratoi degli animali o per far funzionare gli essiccatoi del fieno, come avviene molto spesso nelle stalle del distretto del Parmigiano Reggiano – ha raccontato Marco Sarteur di Micro-Power -. Il biometano, invece, può essere ceduto in rete oppure venduto compresso in forma liquida e, in quest’ultimo caso, si parla di Bio Lng destinato ai mezzi pesanti come camion, prevalentemente, ma anche navi o treni”.

Dall’incontro online è emerso che la taglia dell’impianto dovrà rispondere concretamente alle esigenze dell’allevamento, evitando sovradimensionamenti o utilizzi parziali, che potrebbero aprire il fianco a inefficienze e mancate remunerazioni.

“Ipotizzando un impianto di biogas da 100 kw – ha calcolato l’ingegner Sarteur – necessita di una presenza in stalla di almeno 250 bovine in lattazione con relativa rimonta oppure 10mila suini o 1.000 bovini da carne”.

Caterina Silocchi di Ats Valpadana ha evidenziato il ruolo delle istituzioni, a partire dai Comuni, nel controllo degli impianti e nella valutazione di impatto ambientali.

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