1° maggio, Capelli (Confartigianato Mn): “Più che incentivi alle assunzioni, servono lavoratori”

MANTOVA – Il mercato del lavoro attuale in Lombardia si impernia sulla capacità di attrarre e mantenere talenti, giovani o meno; infatti, oltre il 76% delle imprese che applicano i CCNL dell’artigianato ha aumentato le retribuzioni negli ultimi due anni, agendo sulla leva dello stipendio per rendersi più attrattive. Accanto a un 53,7% di casi in cui l’aumento è riconosciuto per meriti individuali, nel 46,3% esso viene riconosciuto a tutti principalmente per trattenere manodopera. Il 75% degli imprenditori indica di aver riconosciuto un superminimo, in media del 14,5% in più rispetto al minimo tabellare.

Nel “pacchetto Primo Maggio”, appena varato dal Governo, è previsto anche l’addio all’aliquota al 5% per i premi di produttività che torna al 10% fino a 3 mila euro. Un punto dolente per le piccole imprese che, come evidenzia il recente studio dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia, riconoscono ai propri dipendenti il premio di produzione in circa il 60% dei casi, quota che sale al 72% per le aziende più strutturate. Nel 51% dei casi il premio è erogato interamente in busta paga, nel restante 49% totalmente o parzialmente convertito in welfare.

Mentre arriva la notizia del decreto interministeriale che dovrebbe prevedere una super deduzione per le assunzioni al 120% (e fino al 130% per giovani, donne e soggetti che percepivano il reddito di cittadinanza), non accenna a placarsi il fenomeno dei cosiddetti “introvabili”, ossia di quei profili professionali di cui le imprese hanno necessità e che ricercano attivamente, ma che sono difficilmente reperibili sul mercato.

“Prima di investire risorse pubbliche in incentivi alle assunzioni – ha commentato Lorenzo Capelli, Presidente di Confartigianato Mantova – è necessario trovare i lavoratori. Servono forze pronte e ben formate a breve termine perché altrimenti si rischia la dispersione di un patrimonio inestimabile di conoscenze e saper fare, quel know how del quale andiamo tanto fieri e che ci viene riconosciuto a livello internazionale, come continua a testimoniare l’amore ai prodotti del nostro Made in Italy. Le politiche per favorire la natalità sono sacrosante, ma non possiamo aspettarne i tanto auspicati effetti. Il punto è dove troviamo questi lavoratori da assumere; se non corriamo ai ripari il rischio è dietro l’angolo: sono i
nostri imprenditori a suonare l’allarme di una manodopera sempre più difficile da reperire o di passaggi generazionali che non vanno a buon fine. Intendiamoci, siamo ben contenti che – con questo pacchetto di misure – si provino a lasciare più soldi in tasca ai lavoratori e alle famiglie, ma bisognerebbe prima di tutto ascoltare le necessità urgenti e reali delle aziende, se vogliamo sostenerle nel costruire un presente solido e un futuro. Ragionando più a medio-lungo termine, dovremmo concentrarci sull’orientamento dei giovani e sull’architettura di politiche attive efficaci. Nell’immediato, basta leggere i dati e avremo la risposta su quanto gli imprenditori (parlo delle nostre piccole e medie realtà) stiano già facendo per provare a trattenere e attrarre lavoratori, prima e a prescindere dai decreti e dalle iniziative una tantum”.

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