MANTOVA – Il Direttore del Museo di Palazzo Ducale Peter Assmann saluta Mantova dopo quattro anni alla guida della reggia gonzaghesca. Ecco la sua lettera con le riflessioni sugli anni passati al dirigere il Ducale, sulla città, il territorio e la sua gente.
“Lasciando la direzione di Palazzo Ducale, che ho avuto l’onore di guidare in questi anni, sento di dover esprimere la mia profonda gratitudine alla gente di Mantova, che mi ha accolto e supportato anche in momenti per me difficili, facendomi toccare con mano l’apprezzamento per il mio lavoro e l’affetto per la mia persona. Fin dal primo giorno, ho fortemente voluto riaprire le porte della reggia – che negli anni si era trasformata in un’isolata torre d’avorio – alla città, prima ancora che al mondo. Una strategia precisa e un impegno totalizzante, manifestamente apprezzato dalle tante persone che hanno affollato le numerose iniziative (mostre, convegni, seminari, eventi speciali…) messe in campo con il prezioso supporto di associazioni, fondazioni, aziende e privati che hanno creduto e investito in questo grande progetto, condividendo il mio entusiasmo e la mia visione.
In questi anni, Palazzo Ducale è tornato nel cuore della città ma soprattutto è tornato all’antico, nel dialogo tra l’arte classica e quella contemporanea: esattamente come ai tempi dei Gonzaga, irripetibile stagione di una città dalle potenzialità straordinarie. Prendendo servizio a Innsbruck da dove dirigerò i musei del Tirolo, lascio a testa alta, con orgoglio, un’istituzione che ho promosso e difeso in tutte le sedi, restituendole pieno respiro internazionale: ne è prova attualmente la mostra di Giulio Romano (il più alto evento culturale in città dai tempi della Celeste Galeria) per la quale la più prestigiosa istituzione culturale al mondo – il Louvre – ha voluto essere partner di Palazzo Ducale, e non semplice prestatore di opere.
Lascio una collezione che si è arricchita in questi anni di opere antiche (un ringraziamento particolare va alla Fondazione Freddi) e moderne, grazie alle tante iniziative che hanno riportato l’arte contemporanea dentro il palazzo: dagli artisti del territorio, a star internazionali, agli outsider dell’Accademia delle arti per tutti che ha trovato dimora nella recuperata foresteria, alle spettacolari installazioni Lubiam in piazza Castello. Lascio una serie importante di restauri culminati, grazie a Fondazione BAM, nel recupero della magnificente Galleria della Mostra. A chi verrà dopo di me, lascio una grande squadra e una rete di collaboratori che hanno lavorato al mio fianco con straordinaria professionalità e dedizione, tra mille difficoltà: la vastità della reggia, una spesso assurda e ottusa burocrazia, la perenne scarsità di risorse alla quale hanno sopperito decine di sponsor. Ad essi rinnovo la mia gratitudine, in particolare alla Fondazione Comunità Mantovana che ci ha consentito di concretizzare un gran numero di progetti, in primis l’Accademia delle arti per tutti che mi sta particolarmente a cuore e potrà proseguire nel tempo.
Lascio – i numeri sono sotto gli occhi di tutti – un’istituzione in salute: dopo l’exploit del primo anno (siamo risultati nel 2016 il primo museo italiano per crescita percentuale) gli ingressi si sono consolidati ben oltre la soglia dei 320mila visitatori, confermando la reggia non solo come polo culturale ma anche come motore principale dell’economia turistica mantovana. Con il cuore pesante, lascio una città piena di energie positive, che merita le migliori fortune: le basterebbe sapersi affrancare da miopi personalismi e spiriti polemici di corto respiro che, penalizzando il gioco di squadra, le impediscono di fare sistema. Lascio una città e un territorio (la manifestazione di solidarietà sottoscritta da tutti i sindaci della provincia, nell’umiliante vicenda dei ricorsi contro i direttori stranieri dei musei autonomi, ha rappresentato un indimenticabile attestato di stima nei miei confronti) dove ho avuto modo di vivere un’esperienza professionalmente e umanamente appagante. Lascio una città unica al mondo che tuttavia non lascerò mai completamente, perché per tanto tempo è stata davvero casa mia. Herzlichen Dank”,
Peter Assmann