Bozzolo e Don Mazzolari nel cuore di Francesco: il ricordo di una visita indimenticabile

BOZZOLO – Quella mattina del 20 giugno 2017, le campane di Bozzolo avevano suonato a festa, annunciando l’arrivo di un pellegrino d’eccezione: Papa Francesco. A sette anni di distanza, nel giorno in cui la Chiesa piange la sua scomparsa, quella visita assume un significato ancora più profondo. Non fu solo un omaggio a Don Primo Mazzolari, “la tromba profetica della Val Padana”, ma un gesto che oggi appare come un momento intenso e simbolico del pontificato di Bergoglio. Francesco si era fatto pellegrino tra la sua gente, nella terra di un parroco scomodo e visionario, capace di parlare al cuore dei poveri e dei semplici. Le sue parole, cariche di Vangelo e di tenerezza, avevano ridato voce a una profezia che ancora oggi interpella la Chiesa e il mondo. In quel giorno, il Papa che oggi ci lascia aveva lasciato un segno: un richiamo forte alla misericordia, alla giustizia, e a una fede che non si allontana dalla vita concreta delle persone.

I ricordi vanno alle prime luci dell’alba di quella calda giornata del giugno di sette anni fa quando i fedeli – e tra loro moltissimi giovani – si erano raccolti in silenziosa veglia, aspettando l’arrivo di Papa Francesco. Non era solo una visita, ma un pellegrinaggio, un cammino di memoria e profezia sulle orme di Don Primo Mazzolari, il parroco che ha fatto della misericordia una missione e della parola un’arma di giustizia. Accolto dal vescovo di Cremona Antonio Napolioni, Papa Bergoglio era sceso dall’auto e subito era andato a salutare e a stringere le mani di grandi e piccoli. Per quest’ultimi non erano mancate le carezze come non erano mancati i selfie con i ragazzi. E lui sempre cordiale e sorridente non aveva deluso le aspettative. Poi l’ingresso in Chiesa, e l’incontro con le autorità tra cui il sindaco Giuseppe Torchio.  

Oggi sono pellegrino qui a Bozzolo, e poi a Barbiana, sulle orme di due parroci che hanno lasciato una traccia luminosa, per quanto scomoda, nel loro servizio al Signore e al popolo di Dio” – aveva detto il Papa, rendendo omaggio non solo a Don Mazzolari, ma anche a Don Lorenzo Milani, un altro gigante della fede e dell’impegno sociale.

Il “parroco d’Italia” e la sua voce profetica

Papa Francesco aveva voluto leggere integralmente il suo discorso, nonostante il suggerimento di accorciarlo: “Non vorrei lasciare da dire tutto quello che vorrei dire su Don Primo Mazzolari.” Un segno di rispetto, ma anche un riconoscimento della forza e dell’attualità del messaggio di Don Primo.
Fu Papa Giovanni XXIII a chiamarlo “la tromba profetica della Val Padana” e in quel giugno di sette anni fa Francesco ne aveva riaffermato la profezia: Don Mazzolari non fu un uomo del passato, ma un precursore del futuro, un sacerdote che seppe parlare ai suoi parrocchiani – umili contadini segnati dalla guerra – con un linguaggio concreto, capace di toccare il cuore. Ecco perché le sue parole, rilette dal Papa, erano suonate più vive che mai: “Non dobbiamo massacrare le spalle della povera gente”. È un monito che nasce dal Vangelo e si rivolge a una Chiesa chiamata a farsi prossimo, a non caricare pesi inutili sulle spalle dei più fragili. È un appello alla misericordia, alla tenerezza pastorale, alla consapevolezza che ogni comunità cristiana deve essere prima di tutto una casa accogliente.

Tre immagini, tre strade da evitare

Nel suo discorso, Papa Francesco aveva evocato tre immagini care a Don Mazzolari: il fiume, la cascina, la pianura. Erano i luoghi della vita quotidiana dei suoi parrocchiani, scenari di fatica e di speranza, di sudore e di fede. Ma accanto a queste immagini, il Papa aveva messo in guardia contro tre tentazioni che possono deviare la Chiesa dalla sua missione: il “lasciar fare”, un atteggiamento di indifferenza e passività, che rinuncia a trasformare la realtà con il Vangelo; l’“attivismo separatista”, che vede l’azione pastorale come un progetto esclusivo e distante dal popolo e il “soprannaturalismo disumanizzante”, che dimentica che Dio si incontra nella concretezza della vita e non in un’idea astratta di spiritualità. Don Primo non si lasciò mai tentare da queste strade. Non fu un nostalgico del passato, ma un costruttore di futuro, capace di denunciare le ingiustizie senza mai perdere la fiducia nell’uomo e nella Chiesa.

Un cammino che continua: la beatificazione di Don Primo

Il pellegrinaggio di Papa Francesco a Bozzolo non era stato solo un momento di memoria, ma anche un nuovo inizio. Il vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, il 20 giugno 2017  aveva annunciato l’apertura del processo di beatificazione di Don Primo Mazzolari, .

Un’eredità viva

 La visita di Papa Bergoglio a Bozzolo non era stata solo un omaggio a Don Primo Mazzolari, ma un richiamo alla sua testimonianza: quella di un parroco vicino alla sua gente, radicato nella Parola di Dio e nella concretezza della vita. Nel silenzio della chiesa di San Pietro, sulla tomba di Don Primo, è rimasta una preghiera, quella di un Papa che ha voluto inchinarsi davanti alla grandezza di un uomo che ha amato la Chiesa senza riserve, con la forza di chi sa che la vera profezia non sta nel giudicare, ma nell’amare fino in fondo.

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