Caporello, il vescovo che amava la Chiesa del Concilio, sempre accanto al Papa in quei magici giorni del giugno ’91

MANTOVA – Era la gentilezza fatta persona e anche la disponibilità. Quante interviste, prima solo in occasione delle ricorrenze, Natale, Pasqua, il patrono Sant’Anselmo, o in occasione dell’immancabile saluto ai ragazzi che partivano per le Gmg. Poi piano piano anche su alcuni dei temi di cronaca del momento. Il clou venne raggiunto nell’aprile del 2005 quando, durante i quattro scutini che portarono all’elezione di Papa Benedetto XVI, c’era praticamente sempre un redattore di Telemantova pronto a partire alla volta di palazzo Vescovile, per raccogliere il commento del vescovo Egidio Caporello sul pontefice che avrebbe sostituito l’amato Giovanni Paolo II. E ricordo bene quel 19 aprile: fumata bianca e fu proprio il vescovo Egidio a telefonare: “ragazzi, forza, ci siamo, vi aspetto!!” e dopo una manciata di minuti un collega era sul balcone del palazzo in Piazza Sordello per l’intervista sull’elezione del nuovo pontefice.
Erano passati cinque anni da quando monsignor Caporello ci aveva conosciuti e forse per la cortesia che anche noi come redazione usavamo sempre nei suoi confronti, ma più probabilmente per una sorta di fiducia reciproca che si era autoalimentata durante gli anni, si era venuto a creare un rapporto molto bello e sincero.
Fin da subito però avevo notato un particolare: quando c’era da fissare un’intervista e gli chiedevo in che giorni avrebbe avuto la possibilità di realizzarla lui rispondeva: “no, ditemi voi quand’è che potete visto che siete voi a essere sempre di corsa, poi vediamo di incastrare con le mie disponibilità”. Mai, nelle altre città dove avevo lavorato in precedenza, un vescovo aveva lontanamente abbozzato una risposta del genere, ed era naturale che fosse così, ma non lo era per monsignor Caporello, per quella sua gentilezza innata che faceva la differenza in ogni situazione, aiutando anche a comprendere che dietro quell’aspetto che a prima vista poteva sembrare un po’ distaccato, si celava una persona buona, generosa e che sapeva pure essere divertente.
Parlavamo tanto della Mantova di allora e di quella, così diversa, che io avevo vissuto da bambina. Diversa anche nell’approccio della Chiesa verso i fedeli. Gli descrivevo le giornate, sempre piene di tante cose belle da fare, di noi bambini degli anni ’70 in
San Pio X con i giovani don Lucio Poltronieri e don Ceo Dal Borgo che a volte facevano persin fatica a starci dietro perchè eravamo davvero in tantissimi. E lui un giorno mi disse: “quella era la Chiesa migliore, quella post Concilio, che sapeva avvicinare i ragazzi ma non solo i ragazzi”.
Nel 2007, con l’ingresso a Mantova del vescovo Roberto Busti, si ritirò in una casa a fianco del suo amato Santuario delle Grazie. Ricordo ancora, quando insieme a un collega, varcai per la prima volta la soglia della sua abitazione: monsignor Caporello ci fece da cicerone nelle varie stanze spiegandoci come aveva ridistribuito i suoi numerosissimi libri. Ma il momento in cui gli si illuminarono gli occhi fu quando ci portò sul terrazzino che dominava la Riva della Madonna verso il Mincio: il posto erà già di per sè molto bello, ma l’entusiasmo con cui ci raccontava quel che stavamo vedendo, lo rendeva splendido.
Il vescovo emerito Caporello avrebbe passato nella casa di Grazie quasi quindici anni, dando il via ogni 14 di agosto al Concorso dei madonnari con la benedizione dei gessetti fatta con un fior di loto, partecipando ancora a tanti eventi ed iniziative, aiutando a promuoverne altre come l’amata Festa degli Aquiloni, e diventando pure “social” nonostante l’età, attività quest’ultima dove era però determinante l’aiuto di Marina, la sua instancabile assistente.
Lo scorso anno, in occasione della messa sul sagrato del Santuario per i 30 anni della visita di Giovanni Paolo II a Mantova, si affacciò dalla finestra per salutare. Purtroppo le condizioni di salute gli avevano impedito di partecipare alla celebrazione insieme al vescovo Busca e al vescovo emerito Busti. Ma a tutti i costi aveva voluto esserci con quel saluto, dal profondo significato, perchè trent’anni prima era lui, su quello stesso sagrato, in una caldissima domenica di giugno, ad accompagnare il pontefice divenuto santo. Furono due giorni magici e oggi, in questo giorno invece così triste, credo che il modo migliore per ricordare il vescovo Egidio sia quello di proporre il testo che aveva scritto per Mantovauno proprio in occasione del trentesimo anniversario della visita di papa Wojtyła, insieme al video che racconta quegli indimenticabili 22 e 23 giugno 1991.
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“Due giorni, sì, tanti per una Diocesi piccola come la nostra!
E con la memoria vado alle parole che il Papa ha pronunciato, ai discorsi scritti e a quelli a braccio, alle sue esortazioni forti e decise fin dal suo arrivo in Piazza Erbe (“Non chiudetevi nel recinto angusto del vostro benessere, dei vostri interessi e delle vostre prospettive. Con la mente e col cuore andate oltre ogni particolarismo. Operate per il bene comune del Paese … Fate in modo che il grande dono della libertà non degeneri in disvalore …”).

Ricordo il saluto a Castiglione con la sosta in Santuario e all’OPG (“San Luigi Gonzaga ci offre un esempio di cristiana attenzione ai sofferenti e di grande fortezza nel sopportare la malattia”, parole sue) e l’augurio ai giovani là radunati nell’anniversario del loro Patrono San Luigi Gonzaga e in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù in Polonia: “Questo ardentemente auguro a voi, carissimi giovani, che la strada della vostra vita, finora percorsa, coincida similmente con la risposta di Cristo!
“Che cosa mi manca? . . . Vieni e seguimi!”.
Ecco il compito che è dinanzi a voi, ragazzi e ragazze, desiderosi di seguire Cristo e di costruire con i vostri coetanei un mondo più giusto e solidale: rispondere prontamente al suo appello e realizzare il progetto della vostra particolare vocazione. Gesù chiama, oggi come in passato, tutti.
Essere per gli altri: questa è la vocazione di ciascuno di noi.
Abbiate il coraggio della verità che vi fa liberi!
Abbiate il coraggio del cuore puro!
Abbiate il coraggio della reciprocità e del prossimo!
Abbiate il coraggio della solidarietà nella Chiesa e per il mondo!”
Ripenso alle sue espressioni di gioia ed amicizia, ai suoi sorrisi distesi e famigliari, alla tante carezze distribuite e alle strette di mano cordiali
Rivedo anche i volti, tanti volti, commossi, sorpresi e felici.
Rivedo mani protese per un tocco.
Rivedo le folle di fedeli nelle piazze, nelle vie, nelle chiese, nei prati, rivedo i colori e l’agitare delle bandierine e quel turbinìo di cappelli fatti volare dai nostri giovani nel cielo di Castiglione.

Rivedo i nostri sacerdoti, religiose e religiosi in Sant’Andrea (“Attestiamo ancora una volta di volere, in questa Chiesa di viatori, corrispondere all’impegno di imitare il Salvatore, che ha dato se stesso per noi. Di tale dono la basilica di Sant’Andrea, in cui siamo raccolti, è solenne memoria. Essa fu eretta, infatti, per conservare i Sacri Vasi… Nel nome di Gesù io vi saluto e vi esorto a rimanere saldi nella vocazione che avete ricevuto”, disse loro il Papa).

Rivedo i seminaristi radunati in preghiera nel nostro seminario ai quali il Papa rivolse l’invito: “Come San Luigi Gonzaga, fate della vostra vita un dono senza riserve per la causa del Vangelo”.

Rivedo i bambini con le loro famiglie alla Casa del Sole (“La vostra istituzione costituisce davvero un inno alla vita che è dono della bontà di Dio anche quando è segnata dalla sofferenza e da tante dolorose infermità”, così il Papa si rivolse ai presenti).

Rivedo la grande assemblea riunita alla Messa domenicale in Piazza Sordello e ripenso all’Omelia che ancora risuona ai nostri orecchi: “Testimoniate la fedeltà a Cristo ovunque. Trasmettetela ai vostri figli insegnando loro ad apprezzare i veri valori, quelli autentici sui quali si possono costruire la solidarietà e la giustizia e che attingono la loro forza rinnovatrice alle sorgenti della parola di Cristo. Fatevi apostoli del Vangelo fra coloro che ancora non lo conoscono in profondità! Manifestate, con l’esempio, il valore prezioso dell’ordine morale ispirato alla parola e alle norme del Redentore. Siate persone dalla fede indomita, dalla speranza piena di gioia, dalla carità senza sosta … Liberate il progresso economico dai rischi dell’egoismo che lo mortifica. Condividete, piuttosto, con la generosità che sempre vi ha contraddistinto, i vostri beni con quanti ne hanno bisogno e domandano aiuto”.
Quanto sono attuali queste parole!
Rivedo imprenditori e lavoratori radunati insieme sul piazzale rovente della Belleli (“Il Vangelo ha creato per tutte le epoche un progetto che non cambia, nel quale i veri aristocratici non sono quelli dell’origine e del sangue né quelli dell’avere; sono invece soprattutto quelli della virtù e della carità”).
Rivedo i madonnari orgogliosi del dipinto realizzato per l’occasione sul sagrato delle Grazie. Il Papa li ringraziò improvvisando: “Al vertice di questa pittura si trova il segno della speranza che è la Madonna. Voglio ringraziare gli artisti che hanno preparato questa pittura …, ma voglio ringraziare anche un altro artista invisibile che dipinge la sua pittura soprannaturale nei vostri cuori. Questo artista si chiama Spirito Santo”.
Ripenso alla sosta estatica e silenziosa in Santuario davanti all’icona della Madonna e al saluto finale sul prato (“Mentre il giorno declina, veglia su di noi Maria, “la Donna vestita di sole”, la Madre del Redentore, l’“icona” della Chiesa.
Nel suo nome e nel nome di san Luigi Gonzaga vi saluto, carissimi fratelli e sorelle, e vi ringrazio per la presenza festosa e cordiale.
Mantova, ti abbraccio con affetto. Segnata in profondità dalla fede dei tuoi Padri, prosegui il tuo cammino di impegno cristiano!
Resta fedele all’insegnamento di sant’Anselmo da Baggio, tuo illustre patrono; segui l’esempio di san Luigi Gonzaga, esimio membro d’una Famiglia che tanta parte ha avuto nella tua storia; invoca la protezione di san Pio X, un tempo vescovo ed ora compatrono della tua comunità cittadina.
Carissimi fratelli e sorelle, è certamente impegnativo il compito che vi attende. Non vi scoraggiate! Il Signore è con voi. Proseguite l’opera della nuova evangelizzazione con fiducia e costanza.
Così arriviamo alla conclusione, e la parola conclusiva è sempre la preghiera e dopo la preghiera una espressione della benedizione trinitaria di Dio stesso, che ci assiste e che vuole mostrarci la sua benevolenza benedicendo attraverso noi, suoi Ministri. E concludiamo la celebrazione benedicendo”.

E come dimenticare le voci, i richiami, le preghiere, le urla di gioia, i suoni, i canti, l’Amen gridato in Piazza Sordello?
Sono stati giorni intensi e indimenticabili per tutti.
Il Papa fra noi, ora direi un Santo fra noi.
Non è cosa comune sfiorare la mano di un santo, né incrociarne lo sguardo, né ricambiarne il sorriso e neppure rivolgergli la parola o un saluto o riceverne una carezza.
Eppure a quanti di noi è accaduto in quei giorni, a me in primis, a tanti di voi che hanno partecipato alla grande festa mantovana!
Che bello poter dire: “Io c’ero!”.
Ora facciamo memoria di quella esperienza e nel ricordo, probabilmente, qualcuno, come me, si commuove ancora …”

+ Egidio