Chirurgia mammaria con matrici dermiche animali: al Poma trattamenti sempre più conservativi

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MANTOVA – Matrici dermiche cellulari di origine animale per una chirurgia mammaria sempre più conservativa, anche in caso di mastectomia. Questa tecnica innovativa è stata introdotta da poco più di un anno dalla Chirurgia Senologica del Carlo Poma, diretta da Massimo Busani.

Diversi i benefici di questa tecnica: la netta riduzione del dolore e della degenza ospedaliera, un più rapido recupero post-operatorio; un risultato cosmetico più naturale; la scomparsa dell’effetto di animazione provocato dalla contrazione dei muscoli pettorali; una riduzione della contrattura periprotesica, anche dopo la radioterapia, e della necessità di intervenire sul seno controlaterale; un minore ricorso agli espansori (protesi temporanee).

“Le matrici dermiche acellulari di bovino o suino, già utilizzate da tempo in altri distretti corporei – spiega Massimo Busani – sono state rese ulteriormente compatibili anche per la chirurgia mammaria, andando a sostituire i muscoli della parete toracica, normalmente utilizzati per il confezionamento della tasca protesica. In altre parole, rispettando rigidi criteri di selezione, abbiamo ora la possibilità di allocare le protesi mammarie, ricoperte da queste matrici dermiche, direttamente nel sottocute, risparmiando i muscoli grande pettorale e dentato. Al Poma sono stati eseguiti oltre 50 interventi di mastectomia conservativa con ottimi risultati. La procedura, però, non può essere applicata a tutte le pazienti”.

Il trattamento chirurgico del tumore al seno ha subito radicali cambiamenti nel corso degli ultimi 30-40 anni; si è passati da interventi esclusivamente demolitivi (mastectomia) a interventi prevalentemente conservativi (quadrantectomia). Il progresso delle conoscenze scientifiche ha permesso di affiancare alla chirurgia conservativa altre terapie, definite “adiuvanti’” che, in termini di sopravvivenza a distanza e probabilità di guarigione, hanno raggiunto risultati addirittura migliori rispetto a quelli ottenuti con il trattamento demolitivo.

“A questo risultato – prosegue Busani – hanno contribuito altri fattori. Primo fra tutti la diffusione degli screening mammografici con la possibilità di diagnosticare tumori di piccole dimensioni, molto spesso non palpabili. La diagnosi precoce influisce enormemente sulla riduzione della mortalità. Di pari passo il mondo femminile non chiede più solo la semplice rimozione della neoplasia, ma migliori risultati cosmetici”.
Ecco allora la nascita del chirurgo oncoplastico che, da solo o in collaborazione con il chirurgo plastico, orienta il progetto chirurgico verso il trattamento della neoplasia e il rispetto del corpo, considerando che il miglioramento della qualità di vita incide favorevolmente sulla prognosi. La mastectomia rimane ancora oggi un intervento chirurgico necessario nel 25 per cento circa dei casi ed è possibile che questa percentuale sia destinata ad aumentare. I progressi in ambito genetico hanno infatti finora dimostrare che il 10 per cento circa dei tumori al seno è legato a una mutazione genetica. Inoltre, la scoperta che esiste anche una correlazione genetica tra il tumore al seno con quello dell’ovaio, della prostata, del pancreas e, in casi particolari, dello stomaco, ha portato negli ultimi tempi a un aumento delle richieste di chirurgia profilattica di tipo demolitivo.
“Anche su questo versante – conclude il medico – i miglioramenti sono stati notevoli. La ricostruzione mammaria post-mastectomia viene ormai offerta e praticata a donne che superano i 75 anni. Gli studi clinici, nel corso degli anni, hanno permesso di dimostrare che la conservazione della cute e del complesso areola-capezzolo non inficia i risultati dal punto di vista oncologico. Ormai da parecchi anni, quindi, la mastectomia nipple sparing, associata all’utilizzo di protesi mammarie temporanee o definitive, è diventata il gold standard della chirurgia demolitiva. Da qui termine di mastectomie conservative”.

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