Covid, boom di positivi nei macelli. Perchè è alto il rischio di contagio?

Stoppata l'attività in un macello dell'hinterland di Mantova e trenta lavoratori sottoposti a tampone

A Bari 70 lavoratori di un’azienda che si occupa di lavorare la carne sono risultati positivi al Covid-19. In Germania i tamponi hanno dato esito positivo per oltre 1.500 dipendenti dell’impianto di lavorazione della carne Tönnies e oltre 7mila dipendenti sono in quarantena. Negli Stati Uniti un bilancio pesantissimo con 5mila addetti alla macellazione e alla trasformazione della carne di 180 impianti risultati contagiati. E poi la Francia con un centinaio di positivi, la Spagna, l’Irlanda, il Canada e l’Australia, dove centinaia di dipendenti in impianti di macellazione hanno contratto il Covid. Ma l’elenco dei Paesi è lungo.
Ma perchè i contagi nei macelli risultano così frequenti tanto da far temere una seconda ondata che potrebbe trovare origine proprio negli impianti di lavorazione della carne?
C’è chi ipotizza che la causa sia da ricercare nel tipo di ambiente di lavoro: chiuso, umido e freddo. Tre situazioni particolari che favoriscono la crescita del virus.
In questi luoghi poi si lavora a stretto contatto, c’è parecchio rumore e quindi può capitare che in alcuni momenti si abbassi la mascherina per comunicare meglio.
Altra ipotesi riguarda gli spogliatoi dove le persone si cambiano e si lavano.
Ma in molti concordano che la colpa sia da far ricadere sui lavoratori stessi, spesso immigrati che provengono da contesti precari, pagati poco e che vivono numerosi sotto lo stesso tetto. Se fosse avvalorata questa terza ipotesi il covid non avrebbe nulla a che fare con il posto di lavoro bensì con la residenza e le abitudini di vita dei lavoratori.