Covid, il vescovo Marco chiede ai mantovani responsabilità e li invita a prendersi cura di tre persone ciascuno per combattere la solitudine

Covid, il vescovo Marco chiede ai mantovani responsabilità e li invita a prendersi cura di tre persone ciascuno per combattere la solitudine

MANTOVA – Il vescovo di Mantova Marco Busca lancia un messaggio a tutti i mantovani in questi giorni difficili. Monsignor Busca propone una riflessione partendo dai ritardi che stanno caratterizzando la pandemia e chiede di far prevalere il senso della responsabilità che “concilia il proprio interesse con il bene di tutti”.
Arriva poi uno sprone forte e chiaro a non lasciare soli i più deboli per poi chiudere con un messaggio sulla speranza, in particolare su cosa questa possa rappresentare nel momento attuale quale ” senso del nostro esserci come cristiani” e sui tanti modi in cui la speranza stessa si può tradurre.
Ecco il messaggio integrale del vescovo Marco Busca: 

Cari fratelli e sorelle delle comunità cristiane, cari mantovani,
il Vangelo di oggi parla di ritardi. Il virus corre veloce e semina vittime in tutto il mondo.
Le soluzioni, invece, ritardano: il vaccino, le terapie, le garanzie di ristori economici per le imprese, l’accompagnamento scolastico dei nostri ragazzi. La fatica delle restrizioni e i ritardi nelle soluzioni incidono sull’umore sociale: paura e sconforto si mescolano a rabbia e proteste. Come tutte le prove anche questa passerà, ma il tempo dell’attesa si prolunga e questo rende la prova più dura da accettare e sopportare. Vedo due pericoli nell’immediato che ripetono gli stessi errori delle donne del vangelo odierno. Il primo è la divisione sociale in gruppi contrapposti: stato contro regioni, comuni contro regioni, economia contro salute… Resta valido il principio che “uniti ce la faremo”.
Ai malumori, anche fondati, dobbiamo far prevalere la responsabilità che concilia il proprio
interesse con il bene di tutti. Il secondo rischio è quello di esaurire le “scorte” dell’olio del buon senso, del coraggio, dell’attesa, della pazienza, dell’inventiva.
Come cristiani contribuiamo a non lasciare a secco le comunità dei “piccoli vasi” di cui ci
sentiamo portatori: anzitutto, l’olio della intercessione per chi soffre, nel corpo e nell’anima, e per chi si prende cura. Poi, l’olio della compassione che protegge i più deboli non solo dal contagio ma anche dall’isolamento: si muore per il virus, ma anche perché ci si lascia andare, specie gli anziani soli. Se ciascuno accogliesse un “ministero di prossimità”, scegliendo tre persone di cui prendersi cura nelle prossime settimane con telefonate o altri mezzi possibili, insieme potremmo rappresentare un efficace antidoto contro le solitudini. Le figure adulte di genitori, insegnanti ed educatori non lasceranno mancare l’olio della robustezza ai più giovani che vanno sostenuti nello sforzo di interpretare e affrontare una circostanza che sottrae loro legami e opportunità formative.
La pandemia crea nuovi poveri sotto i nostri occhi: ogni famiglia ha il suo vaso della generosità da riempire attraverso gesti diretti o donazioni agli organismi caritativi.
Cari amici, la speranza dei cristiani è la voce rassicurante del Signore Gesù che ci consola in
ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione. La speranza di chi dice di non sentire questa voce rassicurante puoi essere tu. Siamo gli alleati della speranza di chi è a corto di speranza. È il senso del nostro esserci come cristiani in questa storia pesante della pandemia da cui ci auguriamo di uscire tutti più saggi nella primavera di un mondo rifiorito di nuove speranze.
Vi ricordo uno per uno e prego per tutti.
vostro vescovo Marco