MANTOVA – E’ stata revocata, con ordinanza dell’Ats Val Padana operativa dal 12 agosto, la zona di sorveglianza intorno al focolaio di dermatite nodulare contagiosa (Lumpy Skin Disease) che aveva colpito un animale di un allevamento bovino a Porto Mantovano.
Focolaio, come riporta la circolare dell’Ats diffusa ieri che risulta estinto in data 28 giugno dopo le operazioni di pulizia e disinfezione dello stabilimento colpito. L’individuazione della malattia sul bovino era stata accertata il 25 giugno e in quella data era stata istituita la zona di sorveglianza nel raggio attorno all’allevamento coinvolto.
“Ringraziamo l’Ats per la tempestività con cui è intervenuta, dopo il rilevamento del caso di un bovino infetto, in modo da impedire la diffusione del virus, cosa che infatti non è avvenuta. – afferma il Presidente di Confagricoltura Mantova Alberto Cortesi – Tuttavia, a livello più generale, è necessario riflettere sulla necessità di alzare il livello di sicurezza degli allevamenti bovini, così come già fatto nella zootecnia dei suini e degli avicoli. Le minacce, seppure momentaneamente arginate, sono diverse ed è necessario proteggere i nostri allevamenti. Confagricoltura chiede da tempo questo passaggio”.
A preoccupare gli allevatori di bovini da latte e da carne, infatti, non c’è solo la dermatite nodulare contagiosa, ma anche la patologia “Blue Tongue”, che negli ultimi mesi si è diffusa in particolare in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria provocando l’infezione su 6.000 capi di bestiame e il decesso di 3.600.
“Insistiamo sul tema della biosicurezza e facciamo appello perché venga portato all’attenzione sia delle aziende che delle istituzioni – prosegue Cortesi – E’ apprezzabile l’iniziativa del Ministero della Salute, che sta preparando un Decreto dedicato alle misure di sicurezza negli allevamenti di ruminanti. Confagricoltura ha proposto migliorie al testo. Accanto agli interventi normativi, crediamo sia necessario lavorare per prevedere risorse che aiutino gli allevatori di bovini a sostenere i costi necessari all’adeguamento delle loro strutture, così come era già stato fatto per i suini. Inoltre, crediamo sia essenziale prevedere indennizzi per le perdite dirette e indirette subite dagli allevamenti colpiti, inclusa la mancata produzione e i costi per il ripristino del patrimonio zootecnico”.