Arriva in un momento di grande significato religioso l’annuncio dell’accordo di pace per Gaza: proprio durante il Sukkoth, la Festa delle Capanne, che ricorda la vita del popolo ebraico nel deserto durante il viaggio verso la Terra Promessa. In Israele è tempo di preghiera e di festa, ma non ancora di serenità piena. Serenità che manca ovviamente anche in Palestina.
A raccontarlo è don Luigi Milani, sacerdote mantovano originario di Castel Goffredo, che dopo un anno trascorso a Gerusalemme e il rientro a Mantova, è tornato in questi giorni in Terra Santa per accompagnare un gruppo di pellegrini. Dalle sue parole emerge la speranza, ma anche la consapevolezza che la strada verso una pace duratura è ancora lunga. “Più che di pace – spiega don Milani – parlerei di tregua, perché la pace tra questi due popoli non si raggiunge da un giorno all’altro. Per molto tempo continueranno a soffrire, soprattutto il popolo palestinese e le famiglie degli ostaggi e di chi ha perso la vita. È una tragedia psicologica, umanitaria e sociale che durerà a lungo.”
In questi giorni, racconta il sacerdote, ha visitato alcuni villaggi beduini nel deserto insieme alle suore Comboniane, con cui collabora a diversi progetti di sostegno locale.“Il clima era di festa – dice – ma nei loro sguardi si percepisce la fatica quotidiana. Vivono in una condizione di sottomissione al popolo israeliano e faticano a compiere anche le azioni più semplici, perché vengono spesso raggiunti dai coloni, per lo più estremisti, che arrivano, piantano la loro bandiera e decidono se un villaggio beduino può restare o meno”
Malgrado tutto, i segni di speranza non mancano.“Mi hanno detto: Padre, lei è arrivato a portare la pace. È bello vederli finalmente contenti, ma il cammino della pace sarà lunghissimo. Tuttavia, pare che ci sia qualche segnale davvero importante, perché la comunità internazionale finalmente si è svegliata.”
In questo contesto sospeso tra gioia e dolore, anche la comunità cristiana respira un clima di cauto ottimismo. “È tangibile la gioia dei cristiani – conclude don Milani – che vedono nella tregua un primo passo dopo mesi di paura e sofferenza”.
Un racconto che arriva dunque dal cuore della Terra Santa, dove fede e storia si intrecciano ogni giorno, e dove la parola “pace” continua a essere, più che una meta raggiunta, una promessa da costruire insieme, passo dopo passo.