Emersione rapporti di lavoro: Mantova sesta in Lombardia

La Cgil di Mantova

MANTOVA – Sono 207.542 le domande di emersione presentate al Ministero dell’Interno per l’emersione dei rapporti di lavoro nei settori dell’agricoltura, del lavoro domestico e dell’assistenza alle persone. Numeri che costituiscono un terzo rispetto alla platea a cui il provvedimento (articolo 103, comma 1, del decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020) era rivolto. Il report del Ministero dell’Interno evidenzia come l’85% (176848) del totale delle domande trasmesse riguarda il lavoro domestico e di assistenza alla persona, mentre il 15% (30694) è relativo al lavoro subordinato per il settore agricolo. Dati che fanno della Lombardia la regione da cui è stato inviato il maggior numero di domande per quanto riguarda il comparto del lavoro domestico e di assistenza alla persona (47357), mentre è all’ottavo posto nazionale per le domande di emersione presentate per il settore agricolo e connessi (1526).
Guardando più nello specifico, invece, la provincia di Mantova si ferma al sesto posto a livello regionale per numero complessivo di domande presentate (2713) e spiccano le 257 domande di emersione per il comparto agricolo e connessi, tante quante quelle presentate dalla Provincia di Milano e seconde solo a Brescia (308 domande).

Numeri che confermano la forte vocazione agricola del territorio mantovano. Sempre relativamente alla provincia di Mantova sono 2263 le domande di emersione relative al settore domestico e dell’assistenza alla persona. E numerose sono anche le domande di emersione del cosiddetto “comma 2” ovvero le richieste di rilascio di permesso di soggiorno temporaneo presentate dal lavoratore: in provincia di Mantova sono 193 su 1318 complessive in Lombardia e 12986 in Italia. Mantova, in Lombardia, è seconda solo a Milano (406).

“I dati di Mantova, soprattutto se comparati con quelli delle altre province lombarde, dimostrano – spiega Donata Negrini della segreteria Cgil di Mantova – che la necessità di emersione e regolarizzazione era decisamente urgente nel nostro territorio, anche se dovremo attendere gli esiti finali delle richieste prodotte per valutare con maggiore chiarezza la situazione.  Come abbiamo sottolineato in precedenza, questa operazione non è stata tuttavia sufficiente ad affrontare nella sua complessità il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori irregolari, poiché ha escluso molti settori e posto diversi vincoli, che hanno demotivato molte persone, sia datori di lavoro che lavoratori. Rimane quindi ancora molto da fare per una reale tutela dei diritti dei migranti, soprattutto dei richiedenti asilo che negli ultimi anni sono stati pesantemente penalizzati dalla legislazione italiana”.

“Il Decreto Rilancio – prosegue Valentina Cappelletti della segreteria Cgil Lombardia – ha offerto la possibilità della emersione e della conseguente regolarizzazione sulla base di una forte selezione a priori, frutto di una scelta politica precisa: si regolarizza solo chi lavora nell’agricoltura o nell’assistenza familiare e solo chi lavora irregolarmente. Ha anche impedito di stabilizzare la situazione di chi oggi ha un lavoro regolare ma ha un permesso di soggiorno che rischia di non essere rinnovato, come nel caso di chi ha trovato lavoro con un permesso per motivi di studio o per richiesta di protezione internazionale. In questi casi l’impossibilità di presentare domanda di conversione del permesso di soggiorno rischia di produrre in futuro la perdita del lavoro e quindi l’inabissarsi nel nero dell’economia irregolare. Con il risultato, per i lavoratori stranieri, di vanificare il percorso di inclusione sociale faticosamente iniziato e, per le imprese, di interrompere rapporti di lavoro già positivamente instaurati“.

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