Un attacco hacker attribuito a Israele ha provocato oggi l’esplosione simultanea di numerosi cercapersone appartenenti a miliziani di Hezbollah in Libano. Almeno 8 i morti e oltre 2800 i feriti, ha reso noto il ministero della Sanità libanese, precisando che la maggior parte delle esplosioni hanno causato ferite alle mani e al volto.
Tra le vittime una bambina di nove anni, Fatima Jaafar Abdullah, e due “combattenti” di Hezbollah, uno dei quali sarebbe il figlio del deputato del gruppo, Ali Ammar. Lo ha reso noto l’organizzazione sciita libanese, precisando che sono in corso “indagini” per scoprire la causa delle esplosioni simultanee.
Ferito anche l’ambasciatore iraniano in Libano, Mojtaba Amani. Il diplomatico ha riportato “una ferita superficiale” ed è “attualmente sotto osservazione in ospedale”, ha riferito una fonte informata citata dall’agenzia di stampa iraniana Fars. “Le sue condizioni generali sono buone”, ha fatto sapere l’ambasciata iraniana a Beirut X. Vittime anche in Siria. Secondo quanto riferito da Saberin News, affiliato ai Guardiani della rivoluzione iraniani, sette persone sono rimaste uccise a Damasco, nella roccaforte sciita di Seyedah Zeinab.
Hezbollah ha promesso che Israele riceverà la “giusta punizione” per le esplosioni. Nel secondo comunicato diffuso dopo l’attacco, l’organizzazione sciita libanese ha accusato lo Stato ebraico di essere “pienamente responsabile” dell’ “aggressione criminale” che ha portato “al martirio di alcune persone e al ferimento di un gran numero di persone”. “Questo nemico traditore e criminale riceverà sicuramente la sua giusta punizione per questa aggressione peccaminosa, da un luogo che non si aspetta, e Allah è testimone di ciò che diciamo”, ha aggiunto Hezbollah.
Diversi media arabi, ma anche israelian, spiegano che lo Stato ebraico sarebbe riuscito a violare i sistemi di comunicazione dell’organizzazione sciita, facendo esplodere contemporaneamente i numerosi ‘pager’ appartenenti a miliziani di Hezbollah. I cercapersone facevano parte di una nuova fornitura che l’organizzazione sciita libanese aveva appena ricevuto, secondo le news diffuse dal Wall Street Journal. Un esponente di Hezbollah ha precisato che questi dispositivi erano in dotazione a centinaia di operativi del gruppo, ipotizzando che un malware potrebbe aver causato il surriscaldamento e la loro esplosione. La stessa fonte di Hezbollah ha affermato che alcune persone hanno sentito i cercapersone riscaldarsi e se ne sono liberati prima che esplodessero.
Le esplosioni dei ‘pager’ si sono registrate non solo in diverse zone del Libano, in particolare a Dahieh, roccaforte di Hezbollah, nella zona meridionale di Beirut, ma anche in Siria. Secondo un media legato all’opposizione siriana, ripreso dal sito israeliano Ynet, anche a Damasco si è infatti registrata l’esplosione in un’auto di un pager simile a quello usato da Hezbollah in Libano. “Questa penetrazione nei nostri sistemi di comunicazione rappresenta la più grande violazione dei dati di intelligence nella storia dell’organizzazione”, ha commentato una fonte di Hezbollah, citata dai media in lingua araba.