Frodi fiscali, le Fiamme Gialle di Vicenza sgominano una banda di riciclatori che operava nel mantovano

VICENZA – C’è anche Mantova tra i luoghi dove i riciclatori di denaro venivano a recuperare i soldi delle fatture false emesse. E’ quando emerge da un’indagine della Guardia di Finanza di Vicenza che dalle prime ore del mattino, sotto il coordinamento della Procura sta dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Vicenza nei confronti di 13 persone (di cui 8 portate in carcere e 5 ai domiciliari) e al sequestro di circa 1, 5 milioni di euro corrispondente al profitto illecito generato da un sodalizio criminoso specializzato nel riciclaggio di denaro.  L’organizzazione di riciclatori ripuliva i proventi delle frodi fiscali di società operanti nel settore dei rottami metallici.  Contestualmente agli arresti, oltre 80 finanzieri, con l’ausilio di un’unità cinofila “cash dog” del Gruppo di Tessera (VE), il supporto di un elicottero della Sezione Aerea di Venezia e di personale dei Gruppi di Padova, Verona e Brescia, stanno eseguendo 18 perquisizioni locali presso le abitazioni, le aziende e gli altri luoghi nelle disponibilità degli indagati nelle province di Vicenza, Venezia, Padova, Verona e Brescia.

L’operazione rappresenta l’epilogo di complesse investigazioni svolte dal Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria di Vicenza, su delega della A.G. berica, che hanno consentito di disarticolare un’associazione per delinquere operante tra Vicenza, Padova, Verona, Brescia, Mantova, Milano, Prato, Chieti e Roma, con collegamenti in Germania, Slovenia e Repubblica Popolare Cinese, composta da 16 persone (3 vicentini, 9 bresciani, 2 cingalesi e 2 cinesi).

Il traffico criminale
Attraverso due società “cartiere” con sede rispettivamente a Brescia e a Roma, venivano emesse fatture false volte a dare copertura documentale agli acquisti in nero effettuati da 25 società clienti con sedi nelle province di Vicenza, Verona, Rovigo, Brescia, Mantova, Bolzano, Alessandria, Roma, Milano e Torino.
I clienti saldavano le fatture false attraverso bonifici ai “fornitori/cartiere”, i quali a loro volta bonificavano il denaro ricevuto a favore di società estere, veri e propri punti nodali dell’attività di riciclaggio, ovvero una società di Honk Kong e una società belga. Il denaro inviato all’estero veniva successivamente retrocesso ai clienti italiani – al netto delle commissioni medie spettanti all’organizzazione pari circa all’1,5% delle somme movimentate – attraverso l’utilizzo di uno “sportello bancario abusivo” della c.d. “China underground bank” ovvero di quello che viene ritenuto un vero e proprio “circuito bancario informale e segreto” con numerose “filiali” sparse sul territorio nazionale, sospettato di muovere ingentissime quantità di denaro verso la Cina offrendo servizi speciali per clienti speciali. Si tratta di un sistema composto da “operatori” cinesi che inviano soldi in madrepatria, frutto di riciclaggio ed evasione, anche di somme provenienti dalla stessa “economia illegale” cinese in Italia.

Lo sportello bancario abusivo
Questo “sportello bancario abusivo” è risultato gestito da un 38enne cittadino cinese, residente a Vigonovo (VE) ma formalmente impiegato presso una ditta all’interno del “Centro Ingrosso Cina” di Padova, vero e proprio perno della retrocessione del denaro, che organizzava la consegna del contante ai “money mules/spalloni” in varie località d’Italia (Padova, Prato, Mantova, Milano, Chieti e Roma), nonché all’estero (Slovenia e Germania).
I contatti con l’intermediario cinese venivano tenuti esclusivamente dai vertici dell’organizzazione, il 51enne arzignanese e i due coniugi di Gussago (BS), anche attraverso le chat criptate “Telegram”, “Signal”, “DingTalk” e “WeChat”, analizzate dagli esperti Computer Forensics e Data Analysis del Corpo, dalle quali sono stati ricostruiti i viaggi compiuti dal sodalizio criminoso in Italia e all’estero per ritirare i contanti da retrocedere alle società clienti che beneficiavano della frode fiscale.

Come veniva trasportato il denaro

Per garantire l’esito delle operazioni di recupero del denaro i vertici del sodalizio  inviavano al soggetto cinese che doveva consegnare il denaro agli spalloni il numero di targa o la foto dell’auto che avrebbe utilizzato il loro complice incaricato di ritirare i contanti, in alternativa, veniva utilizzato il numero seriale di una banconota quale “codice identificativo” o “token” che lo spallone doveva mostrare al soggetto cinese per confermare la propria autorizzazione al ritiro del contante.
Per il trasporto in sicurezza del denaro, venivano costituite due squadre ad hoc composte in genere da due o più autovetture, prese a noleggio, ciascuna guidata da un singolo spallone. La prima autovettura costituiva la c.d. “staffetta” che doveva anticipare la seconda auto – in cui veniva trasportato il denaro contante – con il precipuo compito di andare in avanscoperta e avvisare per tempo della eventuale presenza in strada di auto o personale delle forse dell’ordine, suggerendo se era il caso di cambiare itinerario.

L’indagine
L’indagine è stata avviata dalle Fiamme Gialle grazie all’acquisizione sul territorio di informazioni nei confronti di un 51enne originario di Arzignano (VI) sospettato di svolgere l’attività di “money mule o spallone” ovvero di trasportare contanti, frutto di frode fiscale, da e verso l’estero. I preliminari servizi di osservazione e pedinamento consentivano di monitorare frequenti viaggi in auto del soggetto verso la Slovenia, dove l’indagato si fermava per circa un’ora per poi far rientro in Italia. Attraverso le successive attività d’intercettazione telefonica, telematica e ambientale, lo svolgimento di indagini bancarie e riscontri operativi eseguiti nel Centro e Nord Italia, è stata ricostruita l’operatività dell’intero gruppo criminale, che aveva al vertice il citato arzignanese operativo nella piazza vicentina, coadiuvato da due coniugi di Gussago (BS) operativi nella piazza bresciana, nonché da ulteriori 11 complici addetti al trasporto del denaro contante.
Secondo le ricostruzioni degli investigatori, i contanti trasportati dall’estero verso l’Italia e viceversa in appena un anno e mezzo, attraverso ben 556 “viaggi”, ammontano a circa 110 milioni di euro provenienti da frodi fiscali realizzate da società dedite prevalentemente al commercio di materiali ferrosi.

Nei mesi di giugno e luglio 2022 i finanzieri del  Gruppo Prato, hanno attivato un controllo su strada nei confronti di uno spallone 58enne di Lonigo (VI), con il rinvenimento e sequestro di circa 140.000,00 euro in contanti riposti in una busta nascosta nel bagagliaio sotto la ruota di scorta; hanno eseguito una perquisizione domiciliare, con l’ausilio di un’unità cinofila “cash dog” della Compagnia di Orio al Serio (BG), presso l’abitazione sita a Chiampo (VI) del principale referente della piazza vicentina, rinvenendo e sequestrando, tra le altre cose, 84.000,00 euro in contanti e uno smartphone contenente una vera e propria “contabilità” dei viaggi organizzati e delle movimentazioni di denaro contante di provenienza illecita.
Infine, nel corso delle indagini è emerso che uno degli spalloni, un 57enne originario di Chiampo (VI), ha illecitamente percepito il sussidio di disoccupazione (NASPI) per oltre 5.600,00 euro, visto che non solo percepiva i proventi dell’attività di “money mule” (per ogni singolo viaggio uno spallone percepiva un minimo di 400,00 euro al netto del rimborso di tutte le spese sostenute per il viaggio ovvero pedaggi autostradali, benzina, ristoranti, etc.) ma anche lavorava presso un’azienda operante nel distretto della concia.
I 16 membri del sodalizio criminoso, 13 dei quali arrestati in queste ore, dovranno rispondere di ben 556 episodi di riciclaggio e autoriciclaggio di denaro, per un totale di circa 110.000.000,00 euro movimentati dall’organizzazione nel periodo novembre 2020-giugno 2022. Tre indagati bresciani, un 50enne, un 55enne e un 65enne, dovranno anche rispondere, quali amministratori di fatto o di diritto delle due società “cartiere”, del reato di emissione di fatture false.
Le Fiamme Gialle beriche stanno, inoltre, completando il sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Vicenza sui compensi e sulle provvigioni percepite dall’organizzazione per l’attività di riciclaggio, quantificati in oltre 1.500.000,00.

 

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