Le immagini che arrivano dalla Striscia di Gaza sono sempre più drammatiche: corpi emaciati, bambini scheletrici, neonati morti tra le braccia dei genitori nei reparti ospedalieri privi di tutto. Secondo le autorità locali, almeno 100.000 bambini sotto i due anni, inclusi 40.000 neonati, rischiano la morte per denutrizione acuta nei prossimi giorni a causa dell’assoluta mancanza di latte in polvere, integratori nutrizionali e beni essenziali. L’Ufficio governativo per i media della Striscia, controllato da Hamas, ha parlato di un “imminente disastro umanitario senza precedenti”, aggravato dalla chiusura dei valichi e dall’impedimento all’ingresso degli aiuti. Nelle ultime 24 ore almeno cinque persone sono morte di fame, tra cui tre neonati, uno dei quali aveva solo una settimana di vita. Secondo l’ONU, oltre 470.000 persone vivono ormai in condizioni paragonabili alla carestia, un quadro che Francia, Regno Unito e Germania – in una dichiarazione congiunta – hanno definito «una catastrofe umanitaria che deve finire subito».
La crisi diplomatica: negoziati bloccati, accuse incrociate
Nel frattempo, sul fronte diplomatico, i colloqui a Doha per un cessate il fuoco tra Israele e Hamas si sono arenati. L’inviato speciale degli Stati Uniti ha accusato il movimento palestinese di mancanza di buona fede, posizione ribadita da Donald Trump, che ha dichiarato: “Hamas non voleva davvero raggiungere un accordo. Credo che vogliano morire”. Ma Hamas ha smentito seccamente, per voce di Izzat al Rishq, membro dell’ufficio politico del movimento: “Le dichiarazioni americane non rispecchiano l’andamento reale dei negoziati, che stavano facendo progressi”. Al Rishq ha accusato il governo Netanyahu di essere il vero ostacolo, accusandolo di eludere gli impegni presi. Trump, in un attacco indiretto al presidente francese Macron, ha anche minimizzato l’annuncio del possibile riconoscimento dello Stato di Palestina a settembre, definendolo “irrilevante”.
Aiuti bloccati, neonati a rischio e bombardamenti su strutture sanitarie
Nonostante le promesse, la situazione sul campo non migliora. L’IDF (esercito israeliano) ha dichiarato che consentirà lanci aerei di cibo, ma ha negato che a Gaza sia in corso una carestia. Tuttavia, l’iniziativa è stata duramente criticata dal capo dell’UNRWA, Philippe Lazzarini, secondo cui “i lanci aerei sono la modalità più costosa e inefficace per portare aiuti. È solo una distrazione dall’inazione”. Secondo Lazzarini, circa 6.000 camion carichi di cibo e medicine sono pronti, ma bloccati al confine con l’Egitto e la Giordania. Alcuni aiuti sarebbero andati distrutti nei pressi del valico di Kerem Shalom, dopo settimane di stallo. Intanto, continuano anche gli attacchi contro le strutture sanitarie. Il dispensario di Caritas Gerusalemme a Deir al-Balah, nel sud della Striscia, è stato parzialmente colpito da bombardamenti domenica scorsa. Secondo la direzione di Caritas, i medici riferiscono di bambini “in lacrime per la fame”, in condizioni devastanti. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha definito la situazione “abominevole”, chiedendo un accesso rapido, sicuro e imparziale agli aiuti umanitari e il rilascio di tutti gli ostaggi.
Tensione anche a Gerusalemme
In Cisgiordania e Gerusalemme Est, la tensione resta alta. Venerdì scorso, Sheikh Muhammad Hussein, Gran Muftì di Gerusalemme e della Palestina, è stato arrestato dalla polizia israeliana nel complesso della moschea di Al-Aqsa, subito dopo una predica in cui aveva condannato le operazioni militari israeliane “da Rafah a Jenin”. È stato rilasciato dopo alcune ore, ma l’episodio ha acceso nuove proteste tra i fedeli.