Natale Bassi, 61enne di Ghedi, e Angelo Paletti, 79enne di Calvisano. Sono i due pazienti Covid che sarebbero morti il 20 e il 22 marzo scorso al Pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari in seguito alle iniezioni di farmaci letali somministrate da Carlo Mosca, il primario 47enne, che vive a Mantova e ha lavorato anche al Poma, arrestato e messo ai domiciliari con l’accusa di duplice omicidio pluriaggravato.
E il bilancio poteva essere ancora più grave se due infermieri non si fossero rifiutati di eseguire i suoi ordini e di iniettare ai pazienti farmaci “fuori dal protocollo” per alleggerire la pressione sul Pronto soccorso.
Proprio da uno di questi infermieri è partita la segnalazione interna all’ospedale: si era opposto all’ordine ricevuto da Mosca di iniettare il farmaco a un paziente con difficoltà respiratorie. E non sarebbe stato l’unico caso. Da qui il via all’inchiesta della Procura di Brescia che ha portato alla riesumazione di tre corpi. C’è un altro decesso sospetto ma non è stato possibile riesumare il corpo in quanto é stato cremato.
E’ l’Agi a riportare come il giudice di Brescia, che ha firmato l’arresto, scriva che “proprio la conoscenza e il meccanismo di azione e delle condizioni di impiego del Midarine”, utilizzato per bloccare i muscoli prima dell’intubazione che qui però non ci sarebbe stata, “avevano letteralmente sconvolto l’infermiere tanto da indurlo a rifiutare di darvi corso (come scritto negli esposti del 23 aprile e del 1°maggio) e analoga condotta era tenuta pure da un altro infermiere, verosimilmente la notte tra il 22 e il 23 marzo”.
Anche un medico di turno quella notte al Pronto Soccorso, preso d’assalto dai malati di Covid, “non somministrava il cocktail di farmaci prescritti per le vie brevi da Mosca”.
Stando a quanto riferito dall’infermiere che poi lo ha denunciato, il primario lo avrebbe chiamato al telefono ordinandogli la somministrazione del farmaco che, secondo le sue conoscenze, “paralizzava i muscoli respiratori e gli altri muscoli scheletrici, senza effetti sullo stato di coscienza, la cui dispensazione avrebbe provocato la morte per soffocamento, in assenza di intubazione”, una procedura che nel pomeriggio “era stata esclusa per le condizioni critiche del paziente”.
La mattina del 23 marzo, dopo la morte di un paziente, uno dei due infermieri scatta una foto che poi consegna a chi indaga che immortala la presenza di due fiale di Midarine nel cestino dei rifiuti speciali. I due infermieri si confrontano in una chat Whatsapp sull’uso “spregiudicato” di farmaci da parte di Mosca.
“Volevo chiederti se a te Mosca ha mai chiesto di fare del Midarin ai pazienti che stanno morendo in Pronto Soccorso”. “Scusami, ma qua non so cosa pensare perché ad alcuni è sembrata normale questa cosa tanto che me lo hanno raccontato. Comunque me l’aveva chiesto al telefono quando avevamo fatto la notte insieme”. Il fatto che Mosca non abbia sanzionato, in quanto loro superiore, gli infermieri riluttanti a eseguire gli ordini, dimostrerebbe la sua consapevolezza di comportarsi fuori dalle regole.
Nei documenti dell’indagine si legge anche che, in riferimento al decesso di Natale Bassi “a un certo punto Mosca chiedeva espressamente al personale che gli fosse portata della succinicolina – si legge negli atti di accusa – Ai presenti il medico ha chiesto di lasciare la stanza perché voleva essere lasciato solo con il paziente, richiesta assolutamente inconsueta e illogica”.