MANTOVA – La scorsa estate, per poter aprire dopo la prima ondata Covid, sono stati costretti a riorganizzare le sale diminuendo i posti a sedere e attrezzandosi in modo che i locali garantissero il rispetto delle normative anti- Covid. Poi sono tornate le limitazioni e nel giro di poco è arrivata la nuova chiusura, con la seconda ondata dell’autunno, durata fino all’approdo, domenica scorsa, in zona gialla quando i ristoranti hanno potuto tornare ad aprire le porte alla clientela almeno per il pranzo.
Ma, dopo pochi giorni, ecco di nuovo lo spettro di nuove chiusure aggravato dal fatto che nessuno fino a oggi ha saputo dire in che cosa consisteranno e quanto dureranno tali chiusure.
Morale nessun ristoratore è riuscito a fare una benchè minima programmazione degli acquisti e anche questo si ripercuote sulle casse dei locali già provate da un annus horribilis.
Sono solo alcune delle motivazioni che hanno portato già una quindicina di ristoratori mantovani a dire basta. E il numero sta crescendo. Ieri si sono ritrovati all’Acquapazza, insieme anche ad una rappresentanza dei colleghi di Cremona già organizzata a livello legale, con un obiettivo: far causa allo Stato. Una battaglia che sono decisi a portare avanti e nella quale non sono soli visto che in altre parti d’Italia, Toscana in primis, i ristoratori si sono organizzati con il medesimo obiettivo.
Gli esercenti vogliono far sentire le loro ragioni, ad iniziare da quelle relative ai ristori giudicati assolutamente insufficienti, e chiedono per questo di poter partecipare ai tavoli sulle contrattazioni, quanto meno a livello locale e regionale.
La battaglia è solo all’inizio, quasi certamente si creerà un unico movimento tra Mantova e Cremona per far sentire più forte la voce di un malcontento che non può più essere sottaciuto.