“A volte ci s’illude che per risolvere i problemi bastino finanziamenti adeguati. Non è vero
In realtà “occorre anche un progetto di convivenza civile e di cittadinanza: occorre investire in bellezza laddove c’è più degrado, in educazione laddove regna il disagio sociale, in luoghi di aggregazione sociale laddove si vedono reazioni violente, in formazione alla legalità laddove domina la corruzione. Saper sognare una città migliore e condividere il sogno con gli altri Amministratori del territorio, con gli eletti nel Consiglio comunale e con tutti i cittadini di buona volontà è un indice di cura sociale” .
“La stessa politica di cui siete protagonisti può essere una palestra di dialogo tra culture, prima ancora che contrattazione tra schieramenti diversi. La pace non è assenza di conflitto, ma la capacità di farlo evolvere verso una forma nuova di incontro e di convivenza con l’altro” ha sottolineato il Pontefice che ha rivolto un pensiero anche ai poveri: “Non c’è città senza poveri. Aggiungerei che i poveri sono la ricchezza di una città. Questo a qualcuno sembrerebbe cinico: no, non è così; ci ricordano – loro, i poveri – ci ricordano le nostre fragilità e che abbiamo bisogno gli uni degli altri. Ci chiamano alla solidarietà, che è un valore-cardine della dottrina sociale della Chiesa, particolarmente sviluppato da San Giovanni Paolo II”.
“Terminando il suo discorso, Francesco ha incoraggiato ancora i sindaci “a rimanere vicini alla gente”, vincendo quella tentazione di isolarsi, di fuggire le responsabilità di fronte alla quale, invece, San Giovanni Crisostomo “esortava a spendersi per gli altri, piuttosto che restare sulle montagne a guardarli con indifferenza”. “Un insegnamento da custodire”, soprattutto nello scoraggiamento e nella delusione, ha concluso il Papa, impartendo ai sindaci la propria benedizione
La riflessione del cardinale Menichelli: il sindaco “costruttore di democrazia”
Poco prima delle parole del Papa i partecipanti all’udienza hanno potuto ascoltare una riflessione del cardinale Edoardo Menichelli, vescovo emerito di Ancona, sulla figura del sindaco. “Un presidio stabile di democrazia anche quando le varie istituzioni possono patire sfilacciamenti di identità”, ha definito il porporato ogni primo cittadino, ricordando la sua “relazione particolare” con il popolo da paragonare ad una “paternità dilatata”, capace sempre, nei piccoli come nei grandi comuni, di essere “una sorta di riferimento ‘salvifico’: al padre si ricorre sempre con fiducia”.
“Il sindaco è custode di una porzione di umanità”, ha aggiunto Menichelli, egli deve “custodire il passato e la sua memoria” e “renderlo fruibile senza gelosie e privatismi”. “L’identità di ogni comune deve essere anche capace di respirare una sorta di cittadinanza universale che è resa obbligata non solo dalla globalizzazione in cui siamo immersi ma da quella identità di fraternità che rende (o dovrebbe rendere) l’umanità solidale”, ha aggiunto il cardinale, denunciando l’“ipocrisia diffusa che danneggia la vocazione umana e la propria crescita con la paura dell’altro spesso pensato come un usurpatore”. In quest’ottica, il sindaco dev’essere “educatore e costruttore di democrazia”. Democrazia che “costa” perché “risultato di un impegno di fraternità e di solidarietà” e che, al pari di una persona, “perché sviluppi e cresca essa ha bisogno di cura, di amore, di protezione”.