MANTOVA – Una messa per ricordare i tanti defunti del periodo Covid morti in solitudine. E per fare sentire la vicinanza a coloro che hanno lasciato, che hanno vissuto un dramma nel dramma, “tre sofferenze in una sola esperienza: la morte di una persona cara, l’impossibilità di starle vicino negli ultimi momenti della sua vita e la mancanza del commiato”.
Così si è espresso questa sera il vescovo di Mantova Marco Busca durante l’omelia della messa celebrata al Cimitero Monumentale degli Angeli per ricordare chi ci ha lasciato durante il periodo della pandemia.
Il ricordo dei morti vive nella memoria dei vivi e proprio intorno al verbo “ricordare” si è sviluppata gran parte della riflessione del vescovo. “Ricordare i defunti con chi è stato loro vicino negli ultimi istanti della loro vita terrena: i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, i preti – dice il vescovo – Ricordare i nostri cari con la consapevolezza di avere un compito importante da portare avanti, raccogliendo e trasmettendo i loro insegnamenti e il patrimonio che ci hanno lasciato“.
Busca invita a pensare ai nostri defunti mettendoci “dalla parte di Dio, nel pensare che loro ora sono nella luce di Dio. In verità – spiega ancora il vescovo – i nostri defunti solo in apparenza sono stati soli” .
Quindi una riflessione su come il Covid abbia impoverito le nostre comunità visto che a non avercela fatta sono stati soprattutto gli anziani. “Quella generazione che aveva ricostruito il Paese nel dopoguerra”.
Spesso nella storia è dai momenti di crisi, quelli più difficili, che uomini e donne sono riusciti a tirar fuori il meglio di sé, il vescovo è convinto di questo concetto e invita proprio i fedeli ad “avere il coraggio di saper trasformare questo pesante momento di crisi in una opportunità per rinnovarci”.
Prima del termine della celebrazione il vescovo distribuisce la sua Lettera pastorale dal titolo “Un tempo per diventare saggi” scritta in occasione della Settimana della Chiesa Mantovana.
Chi è il saggio? ” Di lui possiamo dire che riesce a vedere bene le cose dall’alto (dalla prospettiva di Dio) – scrive il vescovo Marco – da dentro (a partire dal cuore), da dietro ( a partire dalla memoria) in avanti (verso il futuro). Non si accontenta della crosta delle cose, vuole capire in profondità il significato di quello che accade perchè sa che, oltre la superficie delle fragilità umane, si nasconde un tesoro: lui lo cerca e talvolta lo trova”.