Incentivi pubblici impianti bioenergetici. Zolezzi (M5S): “Possibile un danno erariale allo Stato”

I finanziamenti e gli incentivi pubblici per la costruzione di impianti a biogas e biometano e per la produzione di energia dagli impianti stessi, potrebbero aver causato un serio danno erariale allo Stato. Questo quanto lamentato dal deputato del M5S Alberto Zolezzi  attraverso la segnalazione inviata alla Corte dei conti di Roma.

«Gli impianti bioenergetici godono da oltre 14 anni di importanti incentivi alla produzione energetica in quanto annoverati fra le fonti rinnovabili di energia. Va ricordato che in Lombardia, la regione italiana che ospita il maggior numero di impianti, gli incentivi alla produzione di biogas sono stati 3 volte superiori ai fondi agricoli del piano di sviluppo rurale- PSR), 3,6 miliardi contro 1,2 dal 2014 al 2020».

«Dal 2009 al 2020 – spiega Zolezzi – si è registrato un incremento drammatico e incontrollato del numero di impianti e degli incentivi erogati (in milioni di euro) a seguito dell’introduzione della tariffa omnicomprensiva, con la quale si è passati di colpo da zero a 280 euro /mwh. Questo ha portato alla grande diffusione delle centrali da 999 kW, quindi anche la potenza installata è aumentata di pari passo. Ancora oggi la stragrande maggioranza degli impianti gode di questo tipo di incentivazione. Va dunque stressato il fatto che ulteriori incentivi al settore, senza adeguati paletti (filiera corta, matrici in ingresso, stato ambientale pregresso) rischino di far sorgere ulteriori impianti in queste aree già martoriate e a rischio di sanzioni UE per le infrazioni ambientali in corso con quello che si potrebbe considerare un danno erariale.
In sostanza si rischia di incentivare una produzione energetica che sembra caratterizzata da un maggiore dispendio di energia fossile rispetto a quella rinnovabile prodotta. Questo fatto può configurare un danno erariale anche sugli incentivi pregressi. Vista la prevista scrittura di nuovi decreti ministeriali di incentivazione per il biometano, andrebbe chiarita la necessità di precisare l’eventuale resa energetica netta degli impianti per evitare dispendio energetico e l’allontanamento della sovranità energetica, con possibili effetti peggiorativi dell’incremento tariffario energetico che sta minando la sicurezza economica e la qualità di vita di cittadini e imprese.»

Per il deputato pentastellato uno dei fattori da tenere in considerazione è l’indice di ritorno energetico «che in apparenza è negativo in molti casi di impianti bioenergetici in real life anche se non è prescritta alcuna valutazione, neppure autoreferenziale di tale parametro. Questa valutazione andrebbe prescritta almeno per ogni tipologia di impianto, anche per tarare gli incentivi. Impianti a resa energetica netta nulla o negativa non hanno valore strategico energetico e peggiorano la dipendenza energetica da fonti fossili.
Paradossalmente il differenziale finanziario fra energia incentivata ed energia disponibile in rete rischia di favorire la captazione di gas dalla rete nazionale con successiva valorizzazione dello stesso gas come FER. Proprio gli impianti a biometano sembrano avere la resa minore, da un indice di ritorno energetico prossimo a 1 nei casi ottimali di impianti a biogas a filiera cortissima, a causa della necessità di forti pressioni e basse temperature per ottenere e mantenere il biometano si scenderebbe sotto a 1. Si userebbe più energia fossile di quella rinnovabile che si otterrebbe. Tutto questo senza contare le emissioni in atmosfera collegate stigmatizzate anche da ATS Valpadana visto che gli impianti sono energivori (e non energetici) e al posto della combustione del biogas qualcuno chiede di bruciare biomasse ancora più inquinanti, senza contare i gas serra rilevati come più elevati delle fonti fossili dalla stessa agenzia europea ambientale e da recenti pubblicazioni con il rischio di peggiorare il cambiamento climatico, senza contare l’elevata impronta idrica, anche nel caso di matrici zootecniche reflue, in questo periodo di grave siccità con il rischio di inquinamento delle falde e di costi importanti per fornire acqua e depurare gli effluenti; senza contare la necessità di preservare il carbonio del suolo che garantisce fertilità e trattiene l’acqua, il digestato ne un decimo di carbonio rispetto al compost».

Un situazione alla luce quale Zolezzi chiede «alla Procura di valutare se nei fatti prospettati sia ravvisabile la sussistenza di un danno erariale, individuando le eventuali responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, nonché verificare l’eventuale sussistenza di responsabilità contabile connessa al mancato rispetto delle prescrizioni in materia di trasparenza delle pubbliche amministrazioni. La priorità è ridurre i consumi energetici e utilizzare fonti rinnovabili serie come il solare fotovoltaico e l’eolico che in condizioni medie hanno una resa 5 volte superiore alle bioenergie. Il Superbonus ha già ridotto di 486mila tonnellate equivalenti di petrolio i consumi nel settore civile, questo riduce le bollette e aumenta la sovranità energetica».

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