Landini, capitano della motonave Stradivari, cade nel Po e si salva: “Vivo per miracolo”

Disavventura a lieto fine per Giuliano Landini, capitano della motonave Stradivari, in attività nel tratto di Po tra Boretto e Viadana, che lo scorso 20 gennaio è accidentalmente caduto in Po ed è riuscito a salvarsi dalle acque gelide e dalle insidie del fiume. A raccontarlo è lui stesso in un lunghissimo post su facebook.

“Questa data rimarrà impressa nella mia mente per tutta la vita. Ore 17:00 cado sul pontile e volo in Po, nel tentativo di ripulirlo dai detriti incastrati tra la motonave Stradivari e il pontile. La mia fortuna è stata cadere sulla legna ammassata contro la prua del pontile e rimanere in galleggiamento per qualche minuto, il pontile essendo molto alto non riuscivo a risalirlo e nemmeno ad aggrapparmici”.

“La legna inizia a diradarsi causa il mio peso – prosegue nel racconto – e io inizio a sprofondare e le gambe e una parte del torace iniziano ad infilarsi sotto il pontile causa la fortissima corrente del fiume, inizio a urlare aiuto ma sulla riva non c’era un’anima. Devo stare calmo e cercare di non annegare e finire sotto il pontile essendo vestito e quindi il peso degli abiti che indossavo (giacca a vento, maglione, cuffia, guanti, calzamaglia, pantalone tecnico e scarponcini da trekking) mettevano seriamente a rischio il mio galleggiamento. Ho pesato gli indumenti dopo essermi salvato e cambiato, il peso totale era di 23 kg essendo inzuppati di acqua e fango”.

“A quel punto dovevo salvarmi a tutti i costi, vedendo la morte in faccia. Son riuscito a strisciarmi nella fiancata del pontile con le mani aperte come un palmipede e a portarmi fuori dalla sagoma del pontile e buttarmi in corrente diagonale per raggiungere la sponda borettese, abbastanza vicina ma quasi irraggiungibile dal momento che gli abiti inzuppati di acqua mi tiravano sotto. L’acqua era 3 gradi e son rimasto in fiume per 15 minuti interminabili. Nuotando di lato con una forza inspiegabile, che solo in queste circostanze puoi tirar fuori e vedendo un pezzo di legno in galleggiamento che mi veniva contro, l’ho afferrato con tutta la mia forza e l’ho infilato sotto l’ascella sinistra e con il braccio destro nuotavo a stile antico di lato con l’acqua che mi arrivava al naso coprendomi la bocca. Finalmente sento sotto i miei piedi la terra e riesco a mettermi in posizione verticale, sono salvo ma mi sbagliavo perché la terra umida e scivolosa non mi permetteva di risalire la sponda, molto ripida e senza vegetazione, dove poter arrampicarmi per mettermi in sicurezza. A questo punto mi accorgo che il mio amico bastone, che mi aveva tenuto in galleggiamento durante la nuotata, era ancora lì. Impugno il pezzo di legno e piantandolo davanti a me a braccia tese, con più riprese mi trascino nel fango e riesco a risalire la riva esausto completamente senza forze. Vedo finalmente il parcheggio e mi accascio sull’asfalto a prender fiato. Sento il cellulare che squilla (anche questo un miracolo della tecnologia rimanendo in acqua per quasi 20 minuti), era la mia compagna France e con un urlo adrenalinico le dico ‘sono volato in Po ma sono vivooooo’. Posso dire di esser stato miracolato, ma anche la mia esperienza di grande nuotatore di fiume fin da bambino, avendo conseguito il brevetto di salvamento negli anni ’90 e di esser volato poi inabissato con lo scafo da competizione parecchie volte a 200 km orari e uscendo sempre dallo scafo indenne, mi è servito molto per affrontare il peggior momento della mia vita. Ci tengo a raccontare questa mia bruttissima avventura perché ho imparato, che quando si lavora o si fanno manovre strane sull’acqua bisogna essere rigorosamente in 2 e con la luce del giorno. Scusate questo mio sfogo, ma ho ancora davanti agli occhi la morte. Mi sveglio ancora diverse volte di notte con l’incubo, non rendendomi conto di come possa essere ancora in questo mondo. Un bacione e un abbraccio a tutti”.